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Bundesverwaltungsgericht Urteil D-1623/2021

Kopfdaten
Instanz:Bundesverwaltungsgericht
Abteilung:Abteilung IV
Dossiernummer:D-1623/2021
Datum:19.04.2021
Leitsatz/Stichwort:Asilo (non entrata nel merito / procedura Dublino) ed allontanamento
Schlagwörter : Della; Dell’; L’art; Stato; Autorità; Dublin; Dublino; Domanda; Regolamento; Consid; Dell’art; Asilo; Procedura; Applica; Tribunale; Applicazione; Ricorrente; Francia; Merito; Internazionale; Membro; Trasferimento; Entra; Nella; L’insorgente; Questi; Essere; Competente; Corso; L’autorità
Rechtsnorm:-
Referenz BGE:-
Kommentar zugewiesen:
Spühler, Basler Kommentar zur ZPO, Art. 321 ZPO ; Art. 311 ZPO, 2017
Weitere Kommentare:
Entscheid

B u n d e s v e r w a l t u n g s g e r i c h t

T r i b u n a l a d m i n i s t r a t i f f é d é r a l

T r i b u n a l e a m m i n i s t r a t i v o f e d e r a l e T r i b u n a l a d m i n i s t r a t i v f e d e r a l

Corte IV

D-1623/2021

S e n t e n z a d e l 1 9 a p r i l e 2 0 2 1

Composizione Giudici Daniele Cattaneo (presidente del collegio), Gregor Chatton, Gérard Scherrer,

cancelliere Lorenzo Rapelli.

Parti A. , nato il (…),

Costa d’Avorio,

patrocinato dall’avv. Fabio Taborelli, ricorrente,

contro

Segreteria di Stato della migrazione (SEM), Quellenweg 6, 3003 Berna,

autorità inferiore.

Oggetto Asilo (non entrata nel merito / procedura Dublino) ed allontanamento; decisione della SEM del 30 marzo 2021 / N (…).

Visto:

la domanda d’asilo che l’interessato ha presentato in Svizzera il 28 dicembre 2020 (cfr. atto SEM 2/2),

l’estratto dalla banca dati dattiloscopica “CS-VIS” (cfr. atto SEM 10/4),

il verbale relativo al colloquio personale del 13 gennaio 2021 (cfr. atto SEM 16/3),

la documentazione medica agli atti (cfr. atti SEM 14/2, 15/7, 23/2, 24/12, 32/2, 34/3, 34/3, 35/1, 37/2, 38/18),

la decisione della Segreteria di Stato della migrazione (di seguito: SEM) del 30 marzo 2021, notificata il 6 aprile 2021 (cfr. atto SEM 43/1), mediante la quale detta autorità non è entrata nel merito della domanda d’asilo ai sensi dell’art. 31a cpv. 1 lett. b LAsi (RS 142.31) ed ha pronunciato il trasferimento dell’interessato verso la Francia,

il ricorso inoltrato dinanzi al Tribunale amministrativo federale (di seguito: il Tribunale) l’8 aprile 2021 (timbro postale) e con cui l’insorgente ha postulato in limine la restituzione dell’effetto sospensivo; nel merito e con protestate tasse, spese e ripetibili, l’annullamento della precitata decisione e la restituzione degli atti alla SEM per la trattazione della domanda nel merito,

i fatti del caso di specie che, se necessario, verranno ripresi nei considerandi che seguono,

e considerato:

che le procedure in materia d’asilo sono rette dalla PA, dalla LTAF e dalla LTF, in quanto la LAsi non preveda altrimenti (art. 6 LAsi),

che presentato tempestivamente (art. 108 cpv. 3 LAsi) contro una decisione in materia di asilo della SEM (art. 6 e 105 LAsi; art. 3133 LTAF), il ricorso è di principio ammissibile sotto il profilo degli art. 5, 48 cpv. 1 lett. a c e art. 52 PA,

che occorre pertanto entrare nel merito del gravame,

che in applicazione dell’art. 111a LAsi si rinuncia allo scambio di scritti,

che, giusta l’art. 31a cpv. 1 lett. b LAsi, di norma non si entra nel merito di una domanda di asilo se il richiedente può partire alla volta di uno Stato terzo cui compete, in virtù di un trattato internazionale, l’esecuzione della procedura di asilo e allontanamento,

che nella querelata decisione l’autorità inferiore, dopo aver constatato l’espressa ammissione di competenza da parte della Francia, ha escluso che nello Stato di destinazione sussistano carenze sistemiche ai sensi dell’art. 3 par. 2 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione) (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea [GU] L 180/31 del 29.6.2013; di seguito: Regolamento Dublino III) o un rischio di trattamenti contrari all’art. 3 CEDU o di violazione del principio del divieto di respingimento; che proseguendo nella propria analisi, la SEM ha negato l’esistenza di motivi che impongano l’applicazione della clausola discrezionale di cui all’art. 17 par. 1 Regolamento Dublino III; che le problematiche mediche di cui soffrirebbe l’interessato, completamente acclarate e non meritevoli di ulteriori accertamenti, non risulterebbero ostative al trasferimento; che le pretese minacce di cui l’insorgente ed il suo datore di lavoro sarebbero stati vittima in Francia, come pure l’allegata aggressione patita da un’ulteriore sostenitore di quest’ultimo, non giustificherebbero l’applicazione della clausola di sovranità, posto che l’interessato avrebbe la possibilità di rivolgersi alle autorità di tale Paese onde ottenere protezione,

che nel memoriale ricorsuale l’insorgente si duole di una violazione del suo diritto di essere sentito nella forma di una carente motivazione del provvedimento avversato; che in corso di procedura egli avrebbe invero espresso timori per la propria vita e per la propria integrità personale in relazione ad un suo eventuale rientro in Francia alla luce delle posizioni espresse dal Presidente della Repubblica Macron nei confronti del suo datore di lavoro, B. Soro, già (…); che a ciò si aggiungerebbe la preoccupazione per iI clima di violenza ed intimidazione fomentato dai sostenitori dell’antagonista politico del predetto attivi nel Paese di destinazione; che la SEM, tralasciando di approfondire tale aspetto, avrebbe commesso una violazione dell’obbligo di motivazione,

che l’obbligo per l’autorità di motivare la sua decisione – corollario del diritto

di essere sentito – è finalizzato a permettere ai destinatari e a tutte le persone interessate, di comprenderla, eventualmente di impugnarla, in modo da rendere possibile all’autorità di ricorso, se adita, di esercitare convenientemente il suo controllo (DTF 139 V 496 consid. 5.1, 136 I 184 consid.

2.2; sentenze del Tribunale D-291/2021 del 9 marzo 2021 consid. 6.2 e F- 5363/2019 del 20 maggio 2020 consid. 7.1); che è necessario che l’autorità menzioni, almeno brevemente, i motivi sui quali ha fondato la sua decisione, in modo da consentire agli interessati di apprezzarne la portata impugnandola in piena conoscenza di causa (DTF 136 I 229 consid. 5.2; 136

V 351; 129 I 232 consid. 3.2; DTAF 2011/37 consid. 5.4.1; sentenza del

Tribunale federale 2C_1020/2019 del 31 marzo 2020 consid. 3.4.2),

che nel caso de quo, l’autorità resistente ha illustrato in maniera comprensibile e sufficientemente differenziata le considerazioni da cui è stata guidata e i motivi che hanno condotto alla non entrata nel merito; che la SEM neppure ha tralasciato di vagliare la questione inerente ai timori ingenerati dal suo rapporto professionale con l’ex primo ministro, determinandone la non incisività nel contesto dell’applicazione della clausola di sovranità, solo aspetto che poteva entrare in linea di conto nell’ambito di una procedura Dublino, come peraltro esplicitamente ammesso dal ricorrente stesso nel gravame,

che con ciò, non si ravvisa alcun vulnus di tale garanzia costituzionale, che per i medesimi motivi di cui sopra, l’insorgente intravede anche una

lesione del principio inquisitorio ad opera dell’autorità di prima istanza,

che l’autorità competente deve procedere d’ufficio all’accertamento esatto e completo dei fatti giuridicamente rilevanti (art. 6 LAsi; art. 12 PA); che in concreto, essa deve procurarsi la documentazione necessaria alla trattazione del caso, chiarire le circostanze giuridiche ed amministrare a tal fine le opportune prove a riguardo; che il principio inquisitorio non dispensa comunque le parti dal dovere di collaborare all’accertamento dei fatti ed in modo particolare dall’onere di provare quanto sia in loro facoltà e quanto l’amministrazione o il giudice non siano in grado di delucidare con mezzi propri (art. 13 PA ed art. 8 LAsi; DTAF 2019 I/6 consid. 5.1); che inoltre, la determinazione dei fatti e l’applicazione della legge non sono aspetti disgiunti; significativo è innanzitutto il substrato fattuale per le condizioni di applicazione della norma giuridica (cfr. sentenza D-291/2021 consid. 7.2.1; KRAUSKOPF/EMMENEGGER/BABEY in: Waldmann/Weissenberger (ed.), Praxiskommentar VwVG, 2a ed. 2016, n. 17 ad art. 12 PA),

che nel caso in esame, tutti gli elementi fattuali necessari a giudicare dell’applicazione dell’art. 29a cpv. 3 OAsi 1 erano riuniti; che le questioni sollevate dal ricorrente nella propria memoria ricorsuale non sono inerenti ad aspetti decisivi per l’applicazione della clausola di sovranità, vista in particolare la possibilità di far capo alle autorità francesi (cfr. infra); che non risulta d’altro canto che la SEM abbia tralasciato di accertare tali elementi, conto tenuto che in corso di procedura ha raccolto la testimonianza del richiedente l’asilo al soggetto e, come detto, vi si è confrontata anche nel provvedimento avversato (cfr. atto SEM 16/3),

che pertanto, anche quest’ultima doglianza va respinta,

che sotto il profilo materiale il ricorrente, pur ammettendo espressamente la competenza francese, ritiene che la SEM non abbia dato seguito al suo “obbligo di comunicare allo Stato richiesto ogni fattualità importante, deIla quale è a conoscenza, affinché questi possa opporre, se del caso, la cessazione delle competenze”; che detta autorità avrebbe invero omesso di indicare agli omologhi francesi del rapporto in essere con B. così come di rappresentare il rischio alla vita e all’integrità personale del ricorrente a causa del clima di violenza ed intimidazione esistente a Parigi; che nel prosieguo della sua impugnativa, l’insorgente adduce argomenti e riferimenti giornalistici a sostegno della tesi secondo la quale in Francia sussisterebbero carenze sistemiche implicanti il rischio di un trattamento inumano o degradante in caso di rinvio; che la Corte EDU avrebbe già condannato tale Stato per violazione dell’art. 3 CEDU nei confronti di richiedenti l’asilo; che nonostante la presunzione giurisprudenziale al riguardo, iI semplice fatto che siano stati ratificati degli accordi, non vorrebbe ancora dire che essi vengano rispettati; che quo alla clausola di sovranità, non sarebbe certo che le autorità francesi, al fine di evitare una possibile crisi internazionale con l’ex colonia ivoriana, siano effettivamente intenzionate prendere in carico ed a portare a termine la procedura inerente alla domanda di protezione del ricorrente; che per le stesse ragioni non vi sarebbe alcuna garanzia che, una volta saputo della vicinanza tra il ricorrente e B. , le autorità francesi decidano di rinviarlo in Costa d’Avorio; che da ultimo, vi sarebbe il rischio che iI trasferimento in Francia esponga il ricorrente ad essere privato del sostentamento minimo subendo delle condizioni di vita indegne,

che la SEM esamina la competenza relativa al trattamento di una domanda di asilo secondo i criteri previsti dal Regolamento Dublino III),

che, se in base a questo esame è individuato un altro Stato quale responsabile per l’esame della domanda di asilo, la SEM pronuncia la non entrata nel merito previa accettazione, espressa o tacita, di presa a carico del richiedente l’asilo da parte dello Stato in questione (cfr. DTAF 2017 VI/5 consid. 6.2),

che, ai sensi dell’art. 3 par. 1 Regolamento Dublino III, la domanda di protezione internazionale è esaminata da un solo Stato membro, ossia quello individuato in base ai criteri enunciati al capo III (art. 7–15),

che nel caso di una procedura di presa in carico (inglese: take charge) ogni criterio per la determinazione dello Stato membro competente – enumerato al capo III – è applicabile solo se, nella gerarchia dei criteri elencati all’art. 7 par. 1 Regolamento Dublino III, quello precedente previsto dal Regolamento non trova applicazione nella fattispecie (principio della gerarchia dei criteri),

che la determinazione dello Stato membro competente avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale (art. 7 par. 2 Regolamento Dublino III),

che, contrariamente, nel caso di una procedura di ripresa in carico (inglese: take back), di principio non viene effettuato un nuovo esame di determinazione dello stato membro competente secondo il capo III (cfr. DTAF 2017 VI/5 consid. 6.2 e 8.2.1),

che, giusta l’art. 3 par. 2 Regolamento Dublino III, qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono delle carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU C 364/1 del 18.12.2000, di seguito: CartaUE), lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente,

che lo Stato membro competente è tenuto a prendere in carico – in ossequio alle condizioni poste agli art. 21, 22 e 29 – il richiedente che ha presentato la domanda in un altro Stato membro (art. 18 par. 1 lett. a Regolamento Dublino III),

che, giusta l’art. 17 par. 1 Regolamento Dublino III («clausola di sovranità»), in deroga ai criteri di competenza sopra definiti, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete,

che, nel caso di specie, le investigazioni effettuate dalla SEM hanno rivelato che il ricorrente è titolare di un visto Schengen valido dal 29 novembre 2019 al 28 novembre 2021 e rilasciato dalla Francia,

che nel corso del colloquio personale Dublino del 13 gennaio 2021, l’interessato ha confermato tale riscontro,

che avendo le autorità francesi accettato, l’8 febbraio 2021, il trasferimento del ricorrente, in applicazione dell’art. 12 par. 2 Regolamento Dublino III e previa richiesta di presa a carico presentata nei termini fissati all’art. 21 par. 1 Regolamento Dublino III, la competenza di detto paese è di principio data,

che nella domanda di ammissione precitata non sono peraltro state omesse fattualità importanti a soggetto dell’eventuale cessazione delle competenze ai sensi dell’art. 19 Regolamento Dublino III (cfr. sentenza del Tribunale D-4198/2016 dell’11 luglio 2016; FILZWIESER/SPRUNG, Dublin IIIVerordnung, Das Europäische Asylzuständigkeitsystem, Vienna 2014, punto 10 ad art. 19, pag. 179 e 180),

che le questioni sollevate a tal soggetto dall’insorgente non sono invero in alcuno modo riconducibili a tale aspetto,

che non da ultimo, è doveroso rammentare che sebbene ai sensi degli art. 31 e 32 del Regolamento Dublino III spetti alle autorità incaricate per l’esecuzione del trasferimento rimettere – se del caso – alle autorità straniere competenti le informazioni che consentono un’adeguata assistenza medica alla persona trasferita, ciò non costituisce in alcun modo un prerequisito per l’accettazione, da parte di quest’ultime autorità, del trasferimento dell’interessato nel loro territorio (cfr. sentenza del Tribunale D-2641/2017 dell’11 maggio 2017),

che negli stessi termini nemmeno vi sono fondati motivi di ritenere che in Francia sussistano carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’art. 4 della CartaUE (cfr. art. 3

par. 2 2a frase Regolamento Dublino III),

che il Paese in questione è legato alla CartaUE e firmatario, della CEDU, della Convenzione del 10 dicembre 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Conv. tortura, RS 0.105), della Convenzione del 28 luglio 1951 sullo statuto dei rifugiati (Conv. rifugiati, RS 0.142.30), oltre che del relativo Protocollo aggiuntivo del 31 gennaio 1967 (RS 0.142.301) e ne applica le disposizioni,

che, di conseguenza, il rispetto della sicurezza dei richiedenti l’asilo, in particolare il diritto alla trattazione della propria domanda secondo una procedura giusta ed equa ed una protezione conforme al diritto internazionale ed europeo, è presunto da parte dello Stato in questione (cfr. direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale [di seguito: direttiva procedura]; direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale [di seguito: direttiva accoglienza]),

che tale presunzione non è assoluta e può essere confutata in presenza di indizi seri che, nel caso concreto, le autorità di tale Stato non rispetterebbero il diritto internazionale (cfr. DTAF 2010/45 consid. 7.4 e 7.5); che la stessa va inoltre scartata d’ufficio in presenza di violazioni sistematiche delle garanzie minime previste dall’Unione europea o di indizi seri di violazioni del diritto internazionale (cfr. DTAF 2011/9 consid. 6; sentenza della CorteEDU M.S.S. contro Belgio e Grecia del 21 gennaio 2011, 30696/09,

R.U. contro Grecia del 7 gennaio 2011, 2237/08, §74 segg.; sentenza della CGUE del 21 dicembre 2011, C-411/10 e C-493/10 [Grande Sezione]),

che orbene, gli elementi addotti nel caso in narrativa, in assenza di una pratica attuale avverata di violazione sistematica delle norme comunitarie minime in materia, non sono tali da rimettere in questione la precitata presunzione (cfr. fra le tante, sentenze del Tribunale D-5996/2019 del 21 novembre 2019 e D-6652/2020 dell’11 febbraio 2020 consid. 6),

che conseguentemente, alla luce di quanto precede, l’applicazione dell’art. 3 par. 2 2a frase Regolamento Dublino III non si giustifica nel caso di specie,

che proseguendo nell’analisi, è ora necessario determinare se vi siano in-

dizi seri e sufficienti che permettano di confutare la presunzione di sicurezza del richiedente l’asilo nel caso concreto,

che ai sensi dell’art. 29a cpv. 3 OAsi 1, se “motivi umanitari” lo giustificano la SEM può entrare nel merito della domanda anche qualora giusta il Regolamento Dublino III un altro Stato sarebbe competente per il trattamento della domanda,

che la SEM nell’applicazione dell’art. 29a cpv. 3 OAsi 1 dispone di potere di apprezzamento (cfr. DTAF 2015/9 consid. 7 seg.); che la modifica dell’art. 106 cpv. 1 LAsi ha ristretto il potere d’esame del Tribunale; che in tal senso il Tribunale può e deve unicamente controllare che l’autorità inferiore abbia esercitato il suo potere d’apprezzamento ovvero se la SEM ha fatto uso di tale potere e l’ha fatto secondo criteri oggettivi e trasparenti; che in questi casi il Tribunale non può sostituire il suo apprezzamento a quello della SEM,

che al contrario, l’applicazione della clausola di sovranità è obbligatoria qualora il trasferimento violi la CEDU o altre norme di diritto internazionale alle quali la Svizzera è legata ed il Tribunale gode al riguardo di piena cognizione (cfr. DTAF 2015/9 consid. 8),

che preliminarmente, è d’uopo osservare che l’insorgente non ha reso verosimile che lo Stato di destinazione non sia intenzionato a prenderlo in carico e a portare a termine la procedura relativa alla sua domanda di protezione in violazione della direttiva procedura, né è stato in misura di desumere al di là di generiche allegazioni indizi oggettivi atti a dimostrare che lo Stato di destinazione non rispetterebbe il principio del divieto di respingimento e, dunque, verrebbe meno nell’ossequio dei suoi obblighi internazionali, rinviandolo in un Paese dove la sua vita, integrità corporale o libertà sarebbero seriamente minacciate o da dove rischierebbe di essere respinto in un tale Paese,

che del resto, nulla osta a che l’interessato adisca le autorità francesi qualora ritenesse che la procedura d’asilo ivi avviata sia gravata da carenze,

che infine, quo allo stato di salute dell’insorgente, v’è da osservare che il respingimento forzato di persone che soffrono di problematiche valetudinarie, costituisce una violazione dell’art. 3 CEDU unicamente in casi eccezionali; che ciò risulta essere il caso segnatamente laddove la malattia dell’interessato si trovi in uno stadio a tal punto avanzato o terminale da lasciar presupporre che, a seguito del trasferimento, la sua morte appaia

come una prospettiva prossima (cfr. sentenza della CorteEDU N. contro Regno Unito del 27 maggio 2008, 26565/05; DTAF 2011/9 consid. 7.1),

che una violazione dell’art. 3 CEDU può però anche sussistere qualora vi siano dei seri motivi di ritenere che la persona, in assenza di trattamenti medici adeguati nello Stato di destinazione, sarà confrontata ad un reale rischio di un grave, rapido ed irreversibile peggioramento delle condizioni di salute comportante delle intense sofferenze o una significativa riduzione della speranza di vita (cfr. sentenza della CorteEDU Paposhvili contro Belgio del 13 dicembre 2016, 41738/10, §181 segg.),

che in specie dalla documentazione medica agli atti si evince che l’insorgente soffre in particolare di dislipidemia trattata mediante dieta, lieve otite esterna, ipertensione ed emorroidi,

che dette patologie manifestamente non rientrano nella restrittiva giurisprudenza convenzionale,

che inoltre la Francia, in quanto Stato firmatario della direttiva accoglienza, deve provvedere affinché i richiedenti ricevano la necessaria assistenza sanitaria comprendente quanto meno le prestazioni di pronto soccorso e il trattamento essenziale di malattie e di gravi disturbi mentali e fornire la necessaria assistenza medica o di altro tipo, ai richiedenti con esigenze di accoglienza particolari, comprese, se necessarie, appropriate misure di assistenza psichica (art. 19 par. 1 e 2 direttiva accoglienza),

che è d’altronde notorio che tale Paese disponga di strutture mediche efficienti (cfr. fra le tante, sentenze del Tribunale F-4716/2019 del 19 settembre 2019 e E-1275/2019 del 22 marzo 2019),

che lo stato di salute dell’insorgente non rappresenta quindi un ostacolo ad un trasferimento verso la Francia,

che d’altro canto, detto punto di questione nemmeno è stato sollevato da codesto patrocinatore,

che in maniera del tutto generale, l’insorgente non è dipoi stato in misura di desumere indizi oggettivi, concreti e seri quanto al rischio di essere durevolmente privato del sostentamento minimo e di subire delle condizioni di vita indegna in violazione della direttiva accoglienza,

che così, egli non ha dimostrato, né reso perlomeno verosimile, che le sue condizioni esistenziali in Francia rivestirebbero un tale grado di disagio e

di gravità che sarebbero costitutive di un trattamento contrario all’art. 3 CEDU o all’art. 3 Conv. tortura,

che in conclusione, nella presente fattispecie, non ci sono elementi per ritenere che l’autorità di prima istanza abbia esercitato in maniera arbitraria il suo potere discrezionale,

che non vi è dunque motivo di applicare la clausola discrezionale di cui all’art. 17 par. 1 (clausola di sovranità) Regolamento Dublino III,

che di conseguenza, in mancanza dell’applicazione di tale norma da parte della Svizzera, la Francia rimane competente per la ripresa in carico del ricorrente in ossequio alle condizioni poste agli art. 21, 22, 29 Regolamento Dublino III,

che in definitiva, è a giusto titolo che la SEM non è entrata nel merito della domanda di asilo del richiedente, in applicazione dell’art. 31a cpv. 1 lett. b LAsi ed ha pronunciato il suo trasferimento verso la Francia conformemente all’art. 44 LAsi, posto che egli non possiede un’autorizzazione di soggiorno in Svizzera (art. 32 cpv. 1 lett. a OAsi 1),

che, in siffatte circostanze, non vi è più luogo di esaminare in maniera distinta le questioni relative all’esistenza di un impedimento all’esecuzione del trasferimento per i motivi giusta i cpv. 3 e 4 dell’art. 83 LStrI (RS 142.20), dal momento che essi sono indissociabili dal giudizio di non entrata nel merito nel quadro di una procedura Dublino (cfr. DTAF 2015/18 consid. 5.2),

che, visto quanto precede, il ricorso deve essere respinto e la decisione della SEM, che rifiuta l’entrata nel merito della domanda di asilo e pronuncia il trasferimento dalla Svizzera verso la Francia, confermata,

che avendo il Tribunale statuito nel merito del ricorso, la domanda di concessione dell’effetto sospensivo risulta senza oggetto,

che, visto l’esito della procedura, le spese processuali di CHF 750.–, che seguono la soccombenza, sono poste a carico del ricorrente (art. 63 cpv. 1 e 5 PA nonché art. 3 lett. a del regolamento sulle tasse e sulle spese ripetibili nelle cause dinanzi al Tribunale amministrativo federale del 21 febbraio 2008 [TS-TAF, RS 173.320.2]),

che la decisione è definitiva (art. 83 lett. d cifra 1 LTF).

Il Tribunale amministrativo federale pronuncia:

1.

Il ricorso è respinto.

2.

Le spese processuali, di CHF 750.–, sono poste a carico del ricorrente. Tale ammontare deve essere versato alla cassa del Tribunale amministrativo federale, entro un termine di 30 giorni dalla spedizione della presente sentenza.

3.

Questa sentenza è comunicata al ricorrente, alla SEM e all’autorità cantonale.

Il presidente del collegio: Il cancelliere:

Daniele Cattaneo Lorenzo Rapelli

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