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Bundesverwaltungsgericht Urteil D-2030/2021

Kopfdaten
Instanz:Bundesverwaltungsgericht
Abteilung:Abteilung IV
Dossiernummer:D-2030/2021
Datum:27.05.2021
Leitsatz/Stichwort:Asilo ed allontanamento
Schlagwörter : Dell’; Della; Rebbe; Consid; Asilo; Essere; Decisione; Autorità; L’art; Procedura; L’autorità; Tribunale; Delle; Ricorrente; D’asilo; Parti; Quali; Stato; Corso; Sarebbe; Diritto; Azioni; Prese; Motivi; Fatti; Sentenza; Allontanamento; Nella; Giorni; Avrebbe
Rechtsnorm: Art. 105 Or;
Referenz BGE:-
Kommentar zugewiesen:
Spühler, Basler Kommentar zur ZPO, Art. 321 ZPO ; Art. 311 ZPO, 2017
Weitere Kommentare:
Entscheid

B u n d e s v e r w a l t u n g s g e r i c h t

T r i b u n a l a d m i n i s t r a t i f f é d é r a l

T r i b u n a l e a m m i n i s t r a t i v o f e d e r a l e T r i b u n a l a d m i n i s t r a t i v f e d e r a l

Corte IV

D-2030/2021

S e n t e n z a d e l 2 7 m a g g i o 2 0 2 1

Composizione Giudici Daniele Cattaneo (presidente del collegio), Jeannine Scherrer-Bänziger, Daniela Brüschweiler, cancelliere Lorenzo Rapelli.

Parti A. , nato il (…), alias A. , nato il (…), Guinea,

patrocinato da Ugo Di Nisio, Protezione giuridica della Regione Ticino e Svizzera centrale, ricorrente,

contro

Segreteria di Stato della migrazione (SEM), Quellenweg 6, 3003 Berna,

autorità inferiore.

Oggetto Asilo ed allontanamento;

decisione della SEM del 1°aprile 2021 / N (…).

Fatti:

A.

L’interessato, cittadino guineano originario di Conakry, ha depositato una domanda d’asilo in Svizzera il 10 novembre 2020 indicando il 14 ottobre 2001 quale data di nascita (cfr. atto SEM 1/2).

B.

Il 20 novembre 2020 la protezione giuridica ha trasmesso alla Segreteria di Stato della migrazione (di seguito: SEM), una procura in cui era segnalato il 14 ottobre 2003 come data di nascita (cfr. atto SEM 10/1).

C.

Il 2 dicembre 2020 l’interessato è così stato sentito in qualità di minore non accompagnato in presenza del rappresentante legale (cfr. atto SEM 15/14).

D.

Il 17 dicembre 2020 il richiedente l’asilo è stato sottoposto ad una perizia medica (cfr. DTAF 2019 I/6 consid. 6) che ha sancito un’età probabile tra i 20 ed i 30 anni con un’età minima 19.12 anni.

E.

Il 12 gennaio 2021 egli ha quindi potuto esprimersi sulle risultanze della succitata perizia nonché in merito ad alcuni indicatori che secondo l’autorità inferiore avrebbero lasciato presagire la sua maggiore età. Questi ne ha sostanzialmente contestato il tenore ventilando la trasmissione di dei documenti d’identità a riprova delle generalità allegate sub. lett. B (cfr. atto SEM 27/3).

F.

Con scritto del 5 marzo 2021, l’autorità inferiore ha comunicato al richiedente l’asilo la fine della procedura Dublino (cfr. atto SEM 38/1).

G.

Il 26 marzo 2021 l’interessato è stato sentito approfonditamente sui suoi motivi d’asilo (cfr. atto SEM 40/13).

In tale contesto egli ha dichiarato, in sostanza e per quanto qui di rilievo, di aver interrotto gli studi nel dicembre del 2019 a causa del governo, che avrebbe abbattuto numerose abitazioni del quartiere di Koloma, tra cui la sua, in quanto situate in una zona riservata. L’interessato sarebbe così stato ospitato da un amico nel quartiere Kosa mentre che la madre si sa-

rebbe rivolta ad una conoscente onde chiedere ospitalità. Durante la permanenza a Kosa si sarebbero svolte divere manifestazioni alle quali anche il richiedente l’asilo avrebbe saltuariamente partecipato e nel cui ambito un suo amico avrebbe trovato la morte. A causa della mancanza di fondi, l’interessato avrebbe cercato di mantenersi svolgendo alcuni lavori. Nel febbraio del 2020 si sarebbe nondimeno deciso per l’espatrio (cfr. atto SEM 40/13).

H.

Con scritto del 31 marzo 2021, la rappresentanza legale ha inoltrato il parere in merito al progetto di decisione negativo trasmessole dall’autorità di prima istanza 30 marzo 2021 (cfr. atti SEM 43/10 e 44/2).

I.

Con decisione del 1°aprile 2021 emessa in procedura celere e notificata lo stesso giorno (cfr. atto 47/1), la SEM non ha riconosciuto la qualità di rifugiato al richiedente ed ha respinto la sua domanda d’asilo, pronunciando nel contempo il suo allontanamento dalla Svizzera e l’esecuzione dello stesso, siccome ammissibile, ragionevolmente esigibile e possibile.

J.

    1. Il 30 aprile 2021, l’interessato è insorto dinanzi al Tribunale amministrativo federale (di seguito: il Tribunale), chiedendo l’annullamento di tale provvedimento e la restituzione degli atti all’autorità inferiore per un nuovo esame delle allegazioni e per complemento istruttorio; in via subordinata la concessione dell’ammissione provvisoria; contestualmente e secondo il senso, di essere posto al beneficio dell’assistenza giudiziaria, intesa

      quale esenzione dal versamento delle spese processuali e del relativo anticipo, il tutto con protestate tasse e spese.

    2. Oltre alla procura ed a copia della decisione impugnata egli ha prodotto una ricerca dell’Osar ed un articolo di stampa.

Ulteriori fatti ed argomenti addotti dalle parti negli scritti verranno ripresi nei considerandi qualora risultino decisivi per l’esito della vertenza.

Diritto:

1.

Le procedure in materia d’asilo sono rette dalla PA, dalla LTAF e dalla LTF,

in quanto la legge sull’asilo (LAsi, RS 142.31) non preveda altrimenti (art. 6 LAsi).

Fatta eccezione per le decisioni previste all’art. 32 LTAF, il Tribunale, in virtù dell’art. 31 LTAF, giudica i ricorsi contro le decisioni ai sensi dell’art. 5 PA prese dalle autorità menzionate all’art. 33 LTAF. La SEM rientra tra dette autorità (art. 105 LAsi). L’atto impugnato costituisce una decisione ai sensi dell’art. 5 PA.

Il ricorrente ha partecipato al procedimento dinanzi all’autorità inferiore, è particolarmente toccato dalla decisione impugnata e vanta un interesse degno di protezione all’annullamento o alla modificazione della stessa (art. 48 cpv. 1 PA). Pertanto è legittimato ad aggravarsi contro di essa.

I requisiti relativi ai termini di ricorso (art. 105 LAsi e art. 10 Ordinanza sui provvedimenti nel settore dell’asilo in relazione al coronavirus [Ordinanza COVID-19 asilo, RS 142.318]; sentenza del Tribunale D-4820/2020 del 10 novembre 2020 consid. 7 [prevista per la pubblicazione come DTAF]), alla forma e al contenuto dell’atto di ricorso (art. 52 PA) sono soddisfatti.

Occorre pertanto entrare nel merito del gravame.

2.

Ai sensi dell’art. 111a LAsi si rinuncia allo scambio di scritti.

3.

Con ricorso al Tribunale, possono essere invocati la violazione del diritto federale e l’accertamento inesatto o incompleto di fatti giuridicamente rilevanti (art. 106 cpv. 1 LAsi) e, in materia di diritto degli stranieri, pure l’inadeguatezza ai sensi dell’art. 49 PA (cfr. DTAF 2014/26 consid. 5). Il Tribunale non è vincolato né dai motivi addotti (art. 62 cpv. 4 PA), né dalle considerazioni giuridiche della decisione impugnata, né dalle argomentazioni delle parti (cfr. DTAF 2014/1 consid. 2).

4.

Il ricorrente censura il mancato smistamento del caso nella procedura ampliata. Pur ammettendo che i termini di cui all’art. 26 cpv. 1 LAsi abbiano carattere ordinatorio, egli sottolinea di essere stato sentito solo sommariamente il 2 dicembre 2020 nell’audizione quale minore non accompagnato. Pertanto, egli sarebbe stato ascoltato sui suoi motivi d’asilo nei modi e nelle forme previste dall’art. 29 LAsi unicamente il 26 marzo 2021. La decisione

impugnata sarebbe peraltro stata emessa a 142 giorni di distanza dal deposito della domanda. Apparrebbe dunque manifesto che la SEM si sia scostata dallo spirito e dalle disposizioni reggenti la procedura celere, nel senso di quanto rilevato a più riprese dal Tribunale quo alla compatibilità dei casi complessi con tale procedura. La protezione giuridica fa inoltre presente che l’accompagnamento legale continuo e di prossimità sarebbe contrappeso imprescindibile alla velocizzazione della procedura, prerogativa compromessa laddove, come nel caso di specie, il richiedente l’asilo si trovi alloggiato lontano dal CFA.

5.

    1. L’obiettivo principale del riassetto del settore posto in essere con l’entrata in vigore, il 1° marzo 2019, della modifica della LAsi del 25 settembre 2015, è quello di accelerare e di evadere in modo più efficiente le procedure d’asilo (cfr. FF 2014 6917). Per quanto concerne i casi trattati materialmente in Svizzera, sono state previste due distinte tipologie: la procedura celere e quella ampliata. La finalità della procedura celere è quella di giungere ad una decisione definitiva nei casi non complessi entro 140 giorni, compresa la durata dell’eventuale litispendenza ricorsuale (cfr. art. 24 cpv. 4 LAsi; BRUNNER ARTHUR, Beschleunigung des Asylverfahrens in der Schweiz: Verfahrensökonomie im Dienste eines fairen Verfahrens ?, in: Zeitschrift für das gesamte Verfahrensrecht [GVRZ] 2020, pag. 8 e seg.). La procedura celere si svolge nei CFA, nei quali i richiedenti l’asilo soggiornano senza essere attribuiti ad un Cantone. Sia il termine per interporre ricorso al Tribunale (7 giorni lavorativi; art. 108 cpv. 1 LAsi) che quello per la sua liquidazione da parte dell’autorità ricorsuale sono brevi (20 giorni; art. 109 cpv. 1 LAsi). Per ovviare alle scadenze ravvicinate, il legislatore, quale misura accompagnatoria (art. 35 cpv. 1 Cost.), ha previsto che ogni richiedente l’asilo nella procedura celere abbia accesso alla consulenza e alla rappresentanza legale gratuita (cfr. art. 102f LAsi). Per rispettare il limite di 140 giorni, la procedura di prima istanza è scandita in modo rigoroso. Dopo il deposito della domanda d’asilo inizia la cosiddetta fase preparatoria (art. 26 LAsi). Essa consente di effettuare i chiarimenti preliminari necessari ed è innanzitutto finalizzata alla corretta preparazione dell’audizione sui motivi (FF 2014 6917, 6938). In concreto la SEM rileva le generalità del richiedente e di norma allestisce schede dattiloscopiche e fotografie. Può acquisire altri dati biometrici, disporre una perizia volta ad accertare l’età, verificare mezzi di prova, documenti di viaggio e d’identità, nonché svolgere accertamenti specifici sulla provenienza e sull’identità del richiedente (art. 26 cpv. 2 LAsi). Può altresì interrogare l’interessato sulla sua identità, sull’itinerario seguito e, sommariamente, sui motivi che lo hanno indotto a lasciare il suo paese (art. 26 cpv. 3 LAsi). In tale contesto

      si svolge anche l’accertamento medico ex art. 26a LAsi. La durata della fase preparatoria è di 21 giorni. Nel rispetto di questo limite massimo, il decorso effettivo dipende dalle esigenze del singolo caso; nei casi semplici può anche essere di solo qualche giorno (FF 2014 6917, 6938).

    2. Successivamente si entra nella fase cadenzata, nel corso della quale la domanda d’asilo è esaminata approfonditamente secondo la struttura prevista a livello legislativo (art. 20c dell’Ordinanza 1 sull’asilo relativa a questioni procedurali [OAsi 1; RS 142.311]). L’accertamento dei fatti giuridicamente determinanti, la concessione dei diritti alle parti, nonché la preparazione e la notificazione della decisione di prima istanza, seguono un preciso piano temporale predeterminato. In tale fase si svolge l’audizione sui motivi d’asilo (art. art. 20c lett. b OAsi). Se da quest’ultima risulta che non è possibile pronunciare una decisione nel quadro della procedura celere, segnatamente perché sono necessari accertamenti supplementari, la domanda d’asilo è smistata in ampliata e il richiedente attribuito ad un Cantone (art. 26d LAsi e art. 20c let. d OAsi 1). Il termine accertamenti supplementari secondo le intenzioni del legislatore comprende le indagini che non possono essere effettuate in breve tempo. Vi rientrano per esempio gli accertamenti presso rappresentanze svizzere all’estero, la richiesta di ulteriori documenti probatori nel paese di provenienza o, eventualmente, una nuova audizione (FF 2014 6917, 6997). Nel caso in cui non venga effettuato un passaggio in ampliata, le decisioni emesse nella procedura celere devono invece essere notificate entro 8 giorni lavorativi dalla conclusione della fase preparatoria (art. 37 cpv. 2 LAsi). Si tratta di un termine ordinatorio la cui inosservanza non pregiudica di principio e ad essa sola la validità della decisione di prima istanza ma che nemmeno può essere oltrepassato a discrezione dell’autorità inferiore. Un superamento di qualche giorno può essere considerato ammissibile in presenza di valide ragioni e se è prevedibile che il provvedimento venga emesso durante il soggiorno al CFA. Al contrario, se dopo l’audizione sui motivi d’asilo v’è da partire dall’assunto che la decisione non potrà realisticamente essere presa entro 8 giorni lavorativi, occorrerà smistare il caso in procedura ampliata (cfr. sentenza del Tribunale E-6713/2019 del 9 giugno 2020 [prevista per la pubblicazione come DTAF] consid. 8.6 e rif. citati).

    3. Nella precitata sentenza di principio E-6713/2019, questo Tribunale ha precisato che la cernita del tipo di procedura incombe alla SEM in forza ai criteri esposti sopra (consid. 7-8). Così, seppur non vi sia di principio alcun diritto a che la domanda d’asilo venga trattata secondo un determinato tipo di procedura, l’assenza di smistamento di un caso complesso nella proce-

      dura ampliata può comportare una violazione del diritto ad un ricorso effettivo di cui agli art. 29a Cost. e 13 CEDU (in combinato disposto con l’art. 3 CEDU) alla luce del breve temine di 7 giorni lavorativi per presentare un’impugnativa previsto nella procedura celere (consid. 9). In una pari eventualità, se il Tribunale constata una violazione del diritto per via dell’impossibilità ad impugnare compiutamente la decisione, si giustifica l’annullamento della medesima e la retrocessione degli atti all’autorità inferiore per il trattamento in procedura ampliata. Questo perché l’obbiettivo di accelerare il procedimento in un contesto equo e nel rispetto delle prerogative di uno stato di diritto posto dal legislatore può essere garantito solo se l’autorità di prima istanza svolge con attenzione la cernita delle procedure previste dalla legge (consid. 10).

    4. Nel caso che ci occupa la domanda d’asilo è stata depositata il 10 novembre 2020 mentre che la decisione impugnata è stata emessa il 1° aprile 2021, ossia a distanza di 142 giorni. Ciò ha quale conseguenza che la durata massima di soggiorno al CFA, pari a 140 giorni, non ha potuto essere rispettata. A prescindere dall’estensione della procedura Dublino, il lasso di tempo totale previsto dal legislatore per lo svolgimento della procedura celere, composto dai ventuno giorni di procedura preliminare e dagli 8 giorni lavorativi per l’emissione della decisione, è stato a sua volta sensibilmente disatteso (cfr. sentenza E-6713/2019 consid. 10.1). Non di meno, nel caso in narrativa va constato che l’autorità di prima istanza si è trovata nella necessità di ordinare una perizia medica volta alla determinazione dell’età (cfr. DTAF 2019 I/6 consid. 5.5) dell’insorgente, che non ha depositato agli atti documenti d’identità autentici ed ha preteso di essere minore solo a seguito dell’intervento della protezione giuridica. Solo successivamente si è potuto procedere con la procedura Dublino ed in seguito con l’esame di merito della domanda d’asilo. Il caso si apparenta così solo in parte alla giurisprudenza topica e, come lo si vedrà d’appresso, da un punto di vista materiale appare peraltro sufficientemente liquido per essere evaso nel contesto di una procedura celere. Ciò è in particolare confermato dal fatto che una sola audizione sui motivi d’asilo è stata sufficiente per chiarire il substrato fattuale in presenza e che la susseguente decisione di prima istanza è stata emessa a pochi giorni di distanza da tale atto istruttorio. Dipoi, non è privo di rilievo il fatto che in forza all’art. 10 dell’Ordinanza Covid-19 asilo, il termine di ricorso avverso le decisioni emesse nella procedura celere è stato provvisoriamente portato a 30 giorni (cfr. sentenza D- 4820/2020 del 10 novembre 2020 [prevista per la pubblicazione come DTAF] consid. 7) e risulta equivalente a quanto previsto nella procedura

ampliata. Il concreto il ricorrente non ha dunque avuto a subire alcun pregiudizio né tantomeno un vulnus del suo diritto ad un ricorso effettivo sancito agli art. 29a Cost. e 13 CEDU.

La doglianza va così respinta.

6.

Nel ricorso non viene contestata la valutazione dell’autorità inferiore quo alla questione pregiudiziale dell’età del richiedente asilo. Conto tenuto che l’insorgente è regolarmente rappresentato e che nonostante l’applicabilità del principio inquisitorio il Tribunale non è tenuto ad effettuare un riesame completo della fattispecie né a ricercare tutti i possibili errori di diritto che non appaiono evidenti o che si deducano facilmente dalla contestazione o dagli atti di causa (cfr. DTF 119 V 349 consid. 1a; MOSER/BEUSCH/KNEUBÜHLER, Prozessieren vor dem Bundesverwaltungsgericht, 2a ed., 2013, n.marg. 1.55), ci si può in questa sede esimere dall’affrontare nel dettaglio la questione. Si rilevi non di meno come nel caso de quo il risultato della perizia medica per la determinazione dell’età risulti inequivocabile (cfr. DTAF 2018 VI/3 consid. 4.2) e non siano state presentate prove contrarie concludenti (DTAF 2019 I/6 consid. 6.1, 6.3-6-5). Allo stato attuale degli atti non vi è dunque spazio per una valutazione diversa rispetto a quella di cui alla querelata decisione su tale punto di questione.

7.

    1. L’insorgente censura una violazione dell’obbligo di motivazione da parte dell’autorità inferiore. La SEM, nonostante abbia concluso in tal senso, avrebbe invero omesso di motivare il suo giudizio negativo sulla verosimiglianza delle allegazioni rilasciate dal richiedente l’asilo.

    2. L’obbligo per l’autorità di motivare la sua decisione è corollario fondamentale del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.; art. 26 – 35 PA). Detta prerogativa è finalizzata a permettere ai destinatari e a tutte le persone interessate, di comprenderla, eventualmente di impugnarla, in modo da rendere possibile all’autorità di ricorso, se adita, di esercitare convenientemente il suo controllo (DTF 139 V 496 consid. 5.1, 136 I 184 consid.

2.2; sentenza del Tribunale F-5363/2019 del 20 maggio 2020 consid. 7.1). Ciò non significa che l’autorità sia tenuta a pronunciarsi in modo esplicito ed esaustivo su tutte le argomentazioni addotte; essa può occuparsi delle sole circostanze rilevanti per il giudizio (cfr. DTF 133 III 439 consid. 3.3). Per adempiere a queste esigenze è necessario che menzioni, almeno brevemente, i motivi sui quali ha fondato la sua decisione, in modo da consen-

tire agli interessati di apprezzarne la portata impugnandola in piena conoscenza di causa (DTF 136 I 229 consid. 5.2; 136 V 351; 129 I 232 consid. 3.2; DTAF 2011/37 consid. 5.4.1; sentenza del Tribunale federale 2C_1020/2019 del 31 marzo 2020 consid. 3.4.2).

7.3 Poste queste premesse, nella presente fattispecie mal si comprende quali siano gli aspetti essenziali che l’autorità inferiore avrebbe tralasciato. In primo luogo, la lettura del contenuto del provvedimento data dall’insorgente appare pretestuosa. Si desume infatti senza particolari difficoltà che il giudizio di inverosimiglianza sancito dall’autorità resistente riguardasse la questione della minore età dell’insorgente (cfr. sul soggetto DTAF 2019 I/6) e non i motivi d’asilo addotti, i quali sono stati integralmente affrontati sotto l’aspetto della loro pertinenza. Giova dipoi rammentare che rilevanza e verosimiglianza sono condizioni cumulative per il riconoscimento dello statuto di rifugiato e la concessione dell’asilo. Se i motivi addotti non danno titolo ad ottenere la protezione interazionale richiesta, non vi è necessità alcuna, ai fini dell’obbligo di motivazione, di esprimersi anche sulla loro verosimiglianza in materia d’asilo. Da un punto di vista generale, il provvedimento sindacato ossequia peraltro pienamente i criteri giurisprudenziale esposti sopra. Dall’argomentazione del memoriale ricorsuale si evince altresì il ricorrente si sia reso pienamente conto della portata della decisione impugnandola in piena conoscenza di causa (cfr. ricorso pag. 8 e seg.).

La doglianza è pertanto infondata.

8.

Nel prosieguo dell’impugnativa l’insorgente avversa pure la valutazione dell’autorità inferiore quo al mancato riconoscimento dello statuto di rifugiato ed alla consequenziale non concessione dell’asilo. Richiamandosi ad una inizialmente non meglio precisata “incompletezza dell’istruzione in merito alla pertinenza delle allegazioni del ricorrente” egli fa presente di aver dichiarato di essere espatriato a causa di una convergenza di fattori che avrebbero tratto origine nella peculiare situazione del quartiere Koloma, identificato daI Governo in carica quale rifugio di suoi oppositori politici e conseguentemente raso al suolo. Ciò non di meno, la SEM si sarebbe limitata a ritenete che tali motivazioni non sarebbero riconducibili ad un motivo di cui all’art. 3 LAsi ed avrebbe escluso in modo non condivisibile il carattere mirato degli atti pregiudizievoli. Le vicende occorse al ricorrente parrebbero invero inserirsi nel clima di violenza contro le persone di etnia peul, a cui egli, pur essendo membro dell’etnia malinké, sarebbe ritenuto appartenente alla luce delle sue conoscenze linguistiche e della sua residenza in un quartiere di oppositori alla settaria politica del Presidente Alpha

Condé. Nel gravame vengono quindi citati diversi rapporti secondo i quali Condé avrebbe da sempre represso le etnie all’opposizione, tanto più negli ultimi mesi. Il ricorrente avrebbe d’altro canto fatto valere il timore di essere ucciso a margine delle manifestazioni qualora fosse stato identificato quale presunto oppositore del Governo in carica, e ciò a causa della sua (supposta) appartenenza all’etnia peul. Nella decisione avversata, l’autorità resistente avrebbe pertanto apprezzato in modo inesatto il rischio di persecuzione in essere, in particolare tralasciando di considerare la precarietà delle condizioni abitative e di vita dell’interessato a seguito della demolizione della sua abitazione e la loro incidenza sul suo profilo di rischio, aggravato dalla sua sistemazione in un quartiere ancor più caratterizzato da instabilità sociale e violenze. Riguardo alla demolizione dell’abitazione, occorrerebbe anche rilevare che il ricorrente – all’epoca minore – sarebbe stato vittima di un’azione illecita eseguita dallo Stato guineano in contrasto con l’art. 25 cpv. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, con dell’art 11 cpv. 1 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (RS 0.103.1) e con l’art. 17 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (RS 0.103.2). Per tutti questi motivi, l’insorgente osteggia il ragionamento dell’autorità di prima istanza che parrebbe sottostimare la gravità della situazione nel contesto d’origine del ricorrente e l’esposizione a pericolo in ragione delle sue caratteristiche personali. In particolare, la SEM non avrebbe indagato sufficientemente il legame tra l’etnia e le vicissitudini intercorse, circostanza che configurerebbe lascerebbe trasparire un’insufficienza nell’attività istruttoria.

9.

    1. La Svizzera, su domanda, accorda asilo ai rifugiati secondo le disposizioni della LAsi (art. 2 LAsi). L’asilo comprende la protezione e lo statuto accordati a persone in Svizzera in ragione della loro qualità di rifugiato. Esso include il diritto di risiedere in Svizzera.

    2. Sono rifugiati le persone che, nel Paese d’origine o d’ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore d’essere esposte a tali pregiudizi. Sono pregiudizi seri segnatamente l’esposizione a pericolo della vita, dell’integrità fisica o della libertà, nonché le misure che comportano una pressione psichica insopportabile (art. 3 cpv. 2 LAsi). La definizione dello statuto di rifugiato, così come stabilita all’art. 3 cpv. 1 LAsi, è esaustiva, nel senso che esclude tutti gli altri motivi, suscettibili di condurre una persona a lasciare il proprio paese di origine o di residenza.

    3. Il fondato timore di esposizione a seri pregiudizi, come stabilito all’art. 3 LAsi, comprende nella sua definizione un elemento oggettivo, in rapporto con la situazione reale, e un elemento soggettivo. Sarà quindi riconosciuto come rifugiato colui che ha dei motivi oggettivamente riconoscibili da terzi (elemento oggettivo) di temere (elemento soggettivo) d’essere esposto, in tutta verosimiglianza e in un futuro prossimo, ad una persecuzione (cfr. DTAF 2011/51 consid. 6.2 e 2010/57 consid. 2.5). Sul piano soggettivo, deve essere tenuto conto degli antecedenti dell’interessato, segnatamente dell’esistenza di persecuzioni anteriori, nonché della sua appartenenza ad una razza, ad un gruppo religioso, sociale o politico, che lo espongono maggiormente ad un fondato timore di future persecuzioni. Infatti, colui che è già stato vittima di persecuzione ha dei motivi oggettivi di avere un timore (soggettivo) di nuove persecuzioni più fondato di colui che ne è l’oggetto per la prima volta (DTAF 2010/57 consid. 2.5 e relativi riferimenti). Sul piano oggettivo, tale timore deve essere fondato su indizi concreti e sufficienti che facciano apparire, in un futuro prossimo e secondo un’alta probabilità, l’avvento di seri pregiudizi ai sensi dell’art. 3 LAsi. Non sono sufficienti, quindi, indizi che indicano minacce di persecuzioni ipotetiche che potrebbero prodursi in un futuro più o meno lontano (cfr. DTAF 2010/57 consid. 2.5 e relativi riferimenti).

    4. Nelle procedure d’asilo così come nelle altre procedure di natura amministrativa si applica il principio inquisitorio. Ciò significa che l’autorità competente deve procedere d’ufficio all’accertamento esatto e completo dei fatti giuridicamente rilevanti (art. 6 LAsi; art. 12 PA). In concreto, essa deve procurarsi la documentazione necessaria alla trattazione del caso, chiarire le circostanze giuridiche ed amministrare a tal fine le opportune prove a riguardo. Il principio inquisitorio non dispensa comunque le parti dal dovere di collaborare all’accertamento dei fatti ed in modo particolare dall’onere di provare quanto sia in loro facoltà e quanto l’amministrazione o il giudice non siano in grado di delucidare con mezzi propri (art. 13 PA ed art. 8 LAsi; DTAF 2019 I/6 consid. 5.1).

    5. La determinazione dei fatti e l’applicazione della legge non sono aspetti disgiunti; senza considerare il diritto applicabile non vi è modo di delimitare quali fatti siano giuridicamente rilevanti (cfr. ISABELLE HÄNER, in: Häner/Waldmann, Das erstinstanzliche Verwaltungsverfahren, 2008, n. 34). Significativo è innanzitutto il substrato fattuale per le condizioni di applicazione della norma giuridica (cfr. KRAUSKOPF/EMMENEGGER/BABEY in: Waldmann/Weissenberger (ed.), Praxiskommentar VwVG, 2a ed. 2016, n. 17 ad art. 12 PA). Fatti che non sono rilevanti per la decisione; che l’autorità è convinta siano già stati provati o che si presumono veri a favore delle

parti interessate non impongono lo svolgimento di indagini supplementari (cfr. sentenza del Tribunale D-291/2021 del 9 marzo 2021 consid. 7.7.2; KRAUSKOPF/EMMENEGGER/BABEY in: op. cit., n. 29 ad art. 12 PA). Onde circoscrivere l’ampiezza dell’accertamento d’ufficio nel corso del procedimento occorre effettuare una ripetuta valutazione delle risultanze probatorie raccolte (cfr. DTF 140 I 285 consid. 6.3.1; DTAF 2008/24 consid. 7.2). Allorquando l’autorità reputa chiare le circostanze di fatto e che le prove assunte le abbiano permesso di formarsi una propria convinzione, essa emana la propria decisione (cfr. sentenza del Tribunale A-3056/2015 del 22 dicembre 2016 consid. 3.1.4; MOSER/BEUSCH/KNEUBÜHLER, op. cit., n.

3.144).

10.

    1. Nel caso de quo, la valutazione di cui alla decisione impugnata pare innanzitutto condivisibile nel suo esito.

    2. Indipendentemente dalla conformità delle azioni del governo guineano con diritto cogente, le vicissitudini intercorse alla persona del ricorrente antecedentemente all’espatrio non configurano gli estremi di una persecuzione anteriore nel senso del diritto d’asilo. Perché di persecuzione si possa parlare, è necessario che gli atti pregiudizievoli siano riconducibili ad un motivo di cui all’art. 3 cpv. 1 LAsi e siano mirati specificamente verso la persona del richiedente asilo (cfr. sentenza del Tribunale E-994/2014 del 25 febbraio 2015, consid. 3.4; MATTHIEU CORBAZ, Les mineurs non accompagnés en droit d’asile, 2019, n.marg. 216). Tali condizioni non sono ossequiate allorquando una persona è esposta ai medesimi rischi e restrizioni dell’intera popolazione, essendo colpita collateralmente da eventi di ordine generale quali la guerra o la situazione securitaria, ma presuppongono invece che colui che richiede protezione sia perseguito come individuo a causa delle sue opinioni politiche, della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità o per le sue opinioni politiche (cfr. DTAF 2008/12 consid. 7; Giurisprudenza ed informazioni della Commissione svizzera di ricorso in materia d’asilo [GICRA] 1998 n. 17 consid. 4c, bb). Restano beninteso fatti salvi i casi di persecuzione collettiva (cfr. DTAF 2014/32 consid. 6.1; sentenza del Tribunale D-5884/2015 [pubblicata come ref.] del 13 aprile 2017 consid. 6.1).

    3. Con riferimento a ciò, v’è in primo luogo da constatare come la giurisprudenza abbia già avuto modo di esprimersi sulle tensioni etniche in essere nel paese escludendo l’esistenza di una persecuzione collettiva dei Fulani (Peuls) e riconducendo le stesse ad una lotta di potere tra i vari gruppi (cfr. sentenza del Tribunale D-6450/2017 del 5 luglio 2018 consid.

      6.4.). Pur tenendo conto delle più recenti evoluzioni e dei mezzi di prova addotti, non vi è motivo di scostarsi da una siffatta analisi, tanto più che nel caso de quo nemmeno si può partire dall’assunto che il ricorrente appartenga a tale etnia sulla sola base delle sue conoscenze linguistiche primarie. Per il resto, è indubbio che l’intervento governativo nel quartiere Koloma, quand’anche si voglia dare per assunto che abbia fatto seguito all’identificazione di esponenti dell’opposizione, non fosse finalizzato a perseguitare direttamente l’odierno insorgente. I seguiti di tali azioni toccano in modo indistinto l’integralità dei residenti e già solo per questo motivo non ossequiano suddetto presupposto. Allo stesso modo, anche la sorveglianza della zona di Kosa in cui il ricorrente si sarebbe trasferito in un secondo momento e la tensione ivi in essere si estende all’insieme delle persone e rientra a sua volta nelle problematiche securitarie di ordine generale. Non privo di rilievo è peraltro il fatto che l’interessato ha espressamente ricondotto la sua decisione di espatrio alla volontà di porre rimedio ad una situazione di sussistenza insoddisfacente (cfr. atto 15/14, pag. 11) e che in casi di ritorno in Guinea teme di non avere un posto dove stare (cfr. atto 40/13, pag. 10). Tale tipologia di circostanze non è infatti pertinente ai fini della concessione dell’asilo (cfr. sentenza del Tribunale D- 7066/2018 dell’8 luglio 2020 consid. 6).

    4. Risulta altresì d’acchito condivisibile la tesi dell’autorità inferiore circa il fatto che la puntuale partecipazione, da parte del ricorrente, ad alcune manifestazioni svoltesi a Kosa non siano tali da configurare, per quest’ultimo, un fondato timore di essere esposto a pregiudizi futuri. Non vi è infatti da temere che l’insorgente possa essere percepito quale minaccia dal governo guineano o sia stato identificato in tal senso. Lui stesso ha peraltro dichiarato di non aver mai avuto problematiche di sorta con le autorità in patria (cfr. atto A15, pag. 12).

    5. Su questi presupposti la SEM ha a giusto titolo negato la qualità di rifugiato al ricorrente. Inoltre, le misure istruttorie poste in essere dall’autorità inferiore risultavano sufficienti per giudicare gli aspetti di cui sopra, non essendo in particolare necessario indagare ulteriormente i motivi di fuga onde escluderne la pertinenza in materia d’asilo. Il principio inquisitorio non è così stato violato.

Il ricorso, sul punto di questione dell’asilo e della qualità di rifugiato va conseguentemente respinto.

11.

Se respinge la domanda d’asilo o non entra nel merito, la SEM pronuncia,

di norma, l’allontanamento dalla Svizzera e ne ordina l’esecuzione; tiene però conto del principio dell’unità della famiglia (art. 44 LAsi).

Il ricorrente non adempie le condizioni in virtù delle quali la SEM avrebbe dovuto astenersi dal pronunciare l’allontanamento dalla Svizzera (art. 14 cpv. 1 e 2 nonché art. 44 LAsi come pure art. 32 dell’ordinanza 1 sull’asilo relativa a questioni procedurali dell’11 agosto 1999 [OAsi 1, RS 142.311]; DTAF 2013/37 consid. 4.4).

Pertanto, anche la pronuncia dell’allontanamento va confermata.

12.

Per quanto concerne l’esecuzione dell’allontanamento, per rinvio dell’art. 44 LAsi, l’art. 83 LStrI (RS 142.20) prevede che la stessa sia ammissibile (cpv. 3), esigibile (cpv. 4) e possibile (cpv. 2). In caso di non adempimento di una di queste condizioni, la SEM dispone l’ammissione provvisoria (art. 44 LAsi e art. 83 cpv. 1 LStrI). Secondo prassi costante del Tribunale, circa l’apprezzamento degli ostacoli all’allontanamento vale la stessa valutazione della prova consacrata al riconoscimento della qualità di rifugiato, ovvero il ricorrente deve provare o per lo meno rendere verosimile l’esistenza di un ostacolo all’allontanamento (cfr. DTAF 2011/24 consid. 10.2 e riferimento ivi citato).

13.

    1. Nella propria decisione la SEM ha ritenuto che l’esecuzione dell’allontanamento degli insorgenti sarebbe ammissibile, ragionevolmente esigibile e possibile.

    2. Dal canto suo, il ricorrente ritiene che l’esecuzione dell’allontanamento non possa essere considerata ragionevolmente esigibile. Alla luce dei drammatici eventi intercorsi in Guinea negli ultimi mesi e meglio, dell’aumento della violenza generalizzata sia per quanto concerne la repressione etnico politica che per il clima di tensione vigente, segnatamente nel quartiere di Koloma, la giurisprudenza in essere andrebbe rivista. Nel caso concreto si dovrebbe del resto constatare che la rete famigliare dell’insorgente sarebbe alquanto precaria e che la valutazione al riguardo di cui alla querelata decisione sarebbe contraddetta dalle allegazioni del ricorrente, il quale si sarebbe trovato in una condizione di indigenza a seguito dello sfratto forzato. I disordini sociali lo avrebbero peraltro impedito a svolgere un’attività che gli garantisse il minimo vitale già prima dell’espatrio. Il quadro negativo sarebbe vieppiù amplificato dalla pandemia in essere.

14.

    1. Ai sensi dell’art. 83 cpv. 3 LStrI l’esecuzione dell’allontanamento non è ammissibile quando comporterebbe una violazione degli impegni di diritto internazionale pubblico della Svizzera. Detta norma non si esaurisce nella massima del divieto di respingimento. Anche altri impegni di diritto internazionale possono essere ostativi all’esecuzione del rimpatrio, in particolare l’art. 3 CEDU o l’art. 3 della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 10 dicembre 1984 (Conv. tortura, RS 0.105). Conformemente alla CorteEDU ed al Comitato dell’ONU contro la tortura, spetta all’interessato rendere plausibile l’esistenza di un reale rischio (“real risk”) di essere sottoposto a trattamenti contrari a detti articoli (cfr. sentenza della CorteEDU [Grande Camera] Saadi contro Italia del 28 febbraio 2008, 37201/06, §§ 125 e 129 e relativi riferimenti; DTAF 2013/27 consid. 8.2).

    2. Nel caso in disamina il ricorrente non può prevalersi del principio del divieto di respingimento (art. 5 cpv. 1 LAsi). In siffatte circostanze non v’è inoltre motivo di considerare l’esistenza di un rischio personale, concreto e serio per l’insorgente di essere esposto, nel suo Paese d’origine, ad un trattamento proibito ai sensi dell’art. 3 CEDU o dell’art. 1 Conv. tortura.

    3. Pertanto, l’esecuzione dell’allontanamento è ammissibile ai sensi delle norme di diritto internazionale pubblico nonché della LAsi.

15.

    1. Giusta l’art. 83 cpv. 4 LStrI, l’esecuzione dell’allontanamento non può essere ragionevolmente esigibile qualora, nello Stato d’origine o di provenienza, lo straniero venisse a trovarsi concretamente in pericolo in seguito a situazioni quali guerra, guerra civile, violenza generalizzata o emergenza medica.

    2. Tale disposizione si applica principalmente ai “réfugiés de la violence”, ovvero agli stranieri che non adempiono le condizioni della qualità di rifugiato, poiché non sono personalmente perseguiti, ma che fuggono da situazioni di guerra, di guerra civile o di violenza generalizzata. Essa vale anche nei confronti delle persone per le quali l’allontanamento comporterebbe un pericolo concreto, in particolare perché esse non potrebbero più ricevere le cure delle quali esse hanno bisogno o che sarebbero, con ogni probabilità, condannate a dover vivere durevolmente e irrimediabilmente in stato di totale indigenza e pertanto esposte alla fame, ad una degradazione grave del loro stato di salute, all’invalidità o persino alla morte. Per contro, le difficoltà socio-economiche che costituiscono l’ordinaria quotidianità

d’una regione, in particolare la penuria di cure, di alloggi, di impieghi e di mezzi di formazione, non sono sufficienti, in sé, a concretizzare una tale esposizione al pericolo. L’autorità alla quale incombe la decisione deve dunque, in ogni singolo caso, stabilire se gli aspetti umanitari legati alla situazione nella quale si troverebbe lo straniero in questione nel suo Paese sono tali da esporlo ad un pericolo concreto (cfr. DTAF 2014/26 consid. 7.6-

7.7 con rinvii).

    1. Nonostante la tesi dell’insorgente, la giurisprudenza non riconosce al momento una generale inesigibilità dell’allontanamento verso la Guinea. Malgrado degli episodi di violenza ricorrenti, non si può infatti partire dall’assunto che in tale paese viga attualmente una situazione di guerra, guerra civile o violenza generalizzata che coinvolga l’insieme della popolazione e la totalità del territorio nazionale. Non si può dunque presumere, a priori ed indipendentemente dalle circostanze del caso di specie, l’esistenza di una messa in pericolo concreta ai sensi dell’art. 83 cpv. 4 LStrI (cfr. sentenze del Tribunale E-190/2019 del 7 aprile 2021 e E-73/2021 del 26 gennaio 2021). Tale valutazione è da ritenersi valida nonostante la documentazione prodotta dal ricorrente. Inoltre, la censurata situazione pandemica ha carattere temporaneo e per costante prassi non è di ostacolo all’esecuzione del rinvio (cfr. sentenza del Tribunale D-3798/2020 del 15 aprile 2021 consid. 10.2).

      1. Quanto alla situazione personale del ricorrente, essa non rientra a sua volta nei canoni che permettono di riconoscere una messa in pericolo concreta. Egli è invero giovane, in buona salute e può incontestabilmente fa capo ad una rete famigliare in patria. Per sua stessa ammissione, una volta trovatosi nella necessità egli ha inoltre saputo svolgere diverse attività sia prima dell’espatrio che nel corso del viaggio verso l’Europa (cfr. atto SEM 40/13, pag. 3 e seg.). Si deve così partire dal presupposto ch’egli sarà in grado di sodisfare i suoi bisogni essenziali anche in futuro senza trovarsi in una situazione di minaccia esistenziale che vada oltre le difficoltà socioeconomiche di ordine generale in essere nella regione. Anche su queste questioni, non si identificano carenze nell’istruzione del caso da parte dell’autorità inferiore.

      2. Il rientro dell’interessato nel Paese d’origine è pertanto da considerarsi pure ragionevolmente esigibile (art. 83 cpv. 4 LStrI).

16.

In ultima analisi, non risultano impedimenti neppure dal profilo della possibilità dell’esecuzione dell’allontanamento (art. 83 cpv. 2 LStrI in relazione con l’art. 44 LAsi).

17.

Ne discende che la SEM, con la decisione impugnata, non ha violato il diritto federale né abusato del suo potere d’apprezzamento ed inoltre non ha accertato in modo inesatto o incompleto i fatti giuridicamente rilevanti (art. 106 cpv. 1 LAsi). Altresì, per quanto censurabile, la decisione non è inadeguata (art. 49 PA). Il ricorso va dunque respinto.

18.

Visto l’esito della procedura, le spese processuali che seguono la soccombenza, sarebbero da porre a carico dei ricorrenti (art. 63 cpv. 1 e 5 PA nonché art. 3 lett. b del regolamento sulle tasse e sulle spese ripetibili nelle cause dinanzi al Tribunale amministrativo federale del 21 febbraio 2008 [TS-TAF, RS 173.320.2]). Tuttavia, potendo il Tribunale partire dall’assunto che l’insorgente sia indigente e non essendo state le conclusioni ricorsuali al momento dell’inoltro del gravame d’acchito sprovviste di possibilità di esito favorevole, v’è luogo di accogliere la domanda di assistenza giudiziaria e non sono prelevate spese processuali (art. 65 cpv. 1 PA).

19.

La presente decisione non concerne persone contro le quali è pendente una domanda d’estradizione presentata dallo Stato che hanno abbandonato in cerca di protezione, per il che non può essere impugnata con ricorso in materia di diritto pubblico dinanzi al Tribunale federale (art. 83 lett. d cifra 1 LTF).

La pronuncia è quindi definitiva.

(dispositivo alla pagina seguente)

Per questi motivi, il Tribunale amministrativo federale pronuncia:

1.

Il ricorso è respinto.

2.

La domanda di assistenza giudiziaria è accolta.

3.

Non si prelevano spese processuali.

4.

Questa sentenza è comunicata al ricorrente, alla SEM e all’autorità cantonale competente.

Il presidente del collegio: Il cancelliere:

Daniele Cattaneo Lorenzo Rapelli

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