Instanz: | Bundesverwaltungsgericht |
Abteilung: | Abteilung I |
Dossiernummer: | A-7302/2018 |
Datum: | 26.05.2020 |
Leitsatz/Stichwort: | Assistenza amministrativa |
Schlagwörter : | Rsquo;; Rsquo;art; Stato; Rsquo;autorità; Nigeria; Tribunale; Rsquo;informazioni; Parte; Rsquo;AFC; Svizzera; Spiegazioni; Rsquo;imposta; Messaggio; Rsquo;assistenza; Rsquo;accord; Rsquo;accordo; Stati; Rsquo;ambito; Rsquo;impresa; Rsquo;altra; Rsquo;informazione; Rsquo;OCSE; Forum; Giusta; Comuni; Comunicazione; Comunicazione-; -DVS-; Rsquo;applicazione; Amministrazione |
Rechtsnorm: | Art. 22 streg; |
Referenz BGE: | - |
Kommentar: | - |
Corte I
A-7302/2018
Composizione Giudici Raphaël Gani (presidente del collegio), Annie Rochat Pauchard, Marianne Ryter, cancelliera Sara Pifferi.
Parti A. ,
rappresentata dalla B. , patrocinata dall’avv. Giovanni Molo, ricorrente,
contro
autorità inferiore.
Oggetto scambio spontaneo di informazioni sugli accordi fiscali preliminari (« rulings »).
Il 26 novembre 2015 l’Amministrazione fiscale ticinese competente ha emanato un accordo fiscale preliminare (« Tax ruling » o « ruling fiscale »), valido dal 21 gennaio 2016, nei confronti della società B. , con sede a X. . Detta società è la succursale straniera della società madre A. , con sede in Nigeria (sede principale).
In applicazione dell’art. 11 dell’ordinanza del 23 novembre 2016 sull’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (OAAF, RS 651.11), l’Amministrazione fiscale ticinese competente ha poi trasmesso per via elettronica il formulario relativo al suddetto accordo fiscale preliminare all’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), Servizio per lo scambio d’informazione in materia fiscale (SEI). Detto formulario riassume gli elementi essenziali dell’accordo fiscale preliminare.
Con scritto 31 ottobre 2018, l’AFC ha informato la società B. , dell’apertura della procedura d’assistenza amministrativa spontanea in materia fiscale nonché delle informazioni soggette allo scambio, nonché degli Stati destinatari, impartendole un termine di dieci giorni per esprimersi al riguardo.
Nel termine impartito, la predetta società non si è tuttavia espressa.
Con decisione finale del 26 novembre 2018, l’AFC ha deciso di accordare alle competenti autorità nigeriane l’assistenza amministrativa spontanea ai sensi dell’art. 7 della Convenzione del 25 gennaio 1988 sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale (RS 0.652.1; chiamata anche
« Convenzione multilaterale sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale » o « MAC »; di seguito: MAC), nonché degli artt. 5 - 14 OAAF in combinato disposto con l’art. 22a cpv. 1 della legge federale del 28 settembre 2012 sull’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (LAAF, RS 651.1), trasmettendo loro spontaneamente il formulario relativo all’accordo fiscale preliminare ivi accluso (« Formulaire relatif à la décision anticipée en matière fiscale [annexe] ») riguardante la società B. .
Avverso la predetta decisione, la società B. (di seguito: società ricorrente o ricorrente) - per il tramite del suo patrocinatore - ha inoltrato ricorso 21 dicembre 2018 dinanzi al Tribunale amministrativo federale. Protestando tasse, spese e ripetibili, la ricorrente postula in sostanza l’annullamento della decisione impugnata. Essa invoca la violazione del suo diritto di essere sentita, nella misura in cui l’AFC avrebbe utilizzato quale lingua di procedura la lingua francese anziché l’italiano. Essa ritiene poi che non sarebbero dati i presupposti per lo scambio spontaneo, trattandosi d’informazioni irrilevanti ex art. 5 OAAF. Essa sostiene poi che la trasmissione dei dati alla Nigeria potrebbe potenzialmente ledere altresì le garanzie di uno Stato di diritto di cui all’art. 6 CEDU e agli artt. 9 e 13 Cost., non sussistendo in detto Paese garanzie sufficienti circa il rispetto della sua sfera privata e la protezione dei suoi dati; la trasmissione dei dati potrebbe dunque comportare l’avvio in Nigeria di procedure amministrative e/o giudiziarie contrarie agli standard previsti da uno Stato di diritto.
Con risposta 14 febbraio 2019, l’AFC (di seguito: autorità inferiore) ha postulato il rigetto del predetto ricorso, prendendo posizione sulle censure della ricorrente.
Ulteriori fatti e argomentazioni verranno ripresi, per quanto necessario, nei considerandi in diritto del presente giudizio.
Giusta l’art. 31 LTAF, il Tribunale amministrativo federale giudica i ricorsi contro le decisioni ai sensi dell’art. 5 PA. In particolare, le decisioni pronunciate dall’AFC nell’ambito dell’assistenza amministrativa spontanea internazionale in materia fiscale, rispettivamente dello scambio spontaneo di informazioni in materia fiscale ai sensi dell’art. 7 MAC, possono essere impugnate dinanzi al Tribunale amministrativo federale (cfr. art. 33 lett. d LTAF; art. 17 cpv. 3 LAAF in combinato disposto con l’art. 22d LAAF).
Dal 1° gennaio 2018, in virtù dell’art. 7 MAC - base giuridica materiale per lo scambio spontaneo di informazioni a livello internazionale, in vigore dal 1° gennaio 2017 - la Svizzera scambia spontaneamente, ossia senza domanda preliminare, informazioni sugli accordi fiscali preliminari (i cosiddetti
« ruling fiscali », designati altresì quali « decisioni fiscali preliminari ») conclusi a decorrere dal 2010, che sono in essere al 1° gennaio 2018 o in data successiva (cfr. artt. 16 e 17 OAAF; cfr. le istruzioni del Dipartimento federale delle finanze [DFF] ai sensi dell’art. 22a cpv. 5 OAAF contenute nella sua Comunicazione-011-DVS-2019-i del 29 aprile 2019, « Procedura formale per gli accordi fiscali preliminari / ruling fiscali quali oggetto dell’imposta federale diretta, dell’imposta preventiva e delle tasse di bollo », in:
< https://www.estv.admin.ch/estv/it/home/allgemein/steuerinformationen /d ienstleistungen/mitteilungen.html >, consultato il 26.05.2020, [di seguito: Comunicazione-011-DVS-2019-i], pag. 5; cfr. circa le nuove disposizioni dell’OAAF disciplinanti in dettaglio lo scambio spontaneo d’informazioni, introdotte dal Consiglio federale sulla base dell’art. 22a cpv. 1 OAAF, Spiegazioni del DFF del 23 novembre 2016 concernenti la revisione totale dell’ordinanza sull’assistenza amministrativa fiscale [OAAF], in:
< https://www.newsd.admin.ch/newsd/message/attachments/46299.pdf >, consultato il 26.05.2020; [di seguito: Spiegazioni OAAF], pagg. 3, 8 e 10 seg.). L’accordo fiscale preliminare oggetto della decisione impugnata, emesso il 26 novembre 2015 e in vigore dal 21 gennaio 2016 (cfr. atto n. 1 dell’incarto prodotto dall’autorità inferiore [di seguito: inc. AFC]), rientra pertanto nel campo di applicazione dell’art. 7 MAC.
Per quanto concerne il diritto interno, lo scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale è disciplinato dagli artt. 22a - 22e LAAF, in vigore dal 1° gennaio 2017 (RU 2016 5059), nonché dagli artt. 5 - 14 OAAF, anch’essi in vigore dal 1° gennaio 2017 (cfr. art. 17 OAAF; cfr. Messaggio del 5 giugno 2015 concernente l’approvazione della Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici [OCSE] sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale e la sua attuazione [modifica della legge sull’assistenza amministrativa fiscale], FF 2015 4613, 4635, 4649 e 4653 [di seguito: Messaggio MAC]). Sono fatte salve le disposizioni derogatorie della MAC (cfr. art. 1 cpv. 2 LAAF). Per il rimanente la procedura di ricorso è retta dalla PA, su riserva di disposizioni specifiche della LAAF (cfr. art. 19 cpv. 5 LAAF in combinato disposto con l’art. 22d LAAF; art. 37 LTAF).
Ciò sancito, in merito alla legittimazione ricorsuale della società ricorrente - destinataria della decisione impugnata e avente dunque di principio un interesse a che la stessa venga annullata ai sensi dell’art. 48 cpv. 1 PA - occorre precisare quanto segue.
Per costante giurisprudenza, la succursale - nonostante la certa autonomia di cui dispone e la sua iscrizione nel registro di commercio
svizzero - è priva di esistenza giuridica propria e non ha pertanto la capacità di essere parte (cfr. DTF 144 V 313 consid. 6.3; 142 II 113 consid. 7.3;
120 III 11 consid. 1a; sentenze del TF 4A_473/2011 del 22 dicembre 2011
consid. 2.2; 4P.146/2005 del 10 ottobre 2005 consid. 5.2.2; sentenze del TAF A-6381/2012 del 3 giugno 2014 consid. 1.2 con rinvii; A-2015/2009 del 16 febbraio 2012 consid. 1.3; A-1521/2006 del 5 giugno 2007 consid. 2.1; JAEGGI/MOLINO, L’imposta sul valore aggiunto nelle prestazioni di servizi transfrontaliere tra la casa madre e succursale, in: Rivista di diritto amministrativo e tributario ticinese [RDAT] 2005 II pag. 641 segg., pag. 644; LOMBARDINI/CLEMETSON, in: Commentaire romand, Code des obligations II, 2a ed. 2017, n. 7 ad art. 641 CO con rinvii). La succursale costituisce solo parte di un’impresa e per questo motivo non ha un’esistenza giuridica autonoma dalla stessa: in altri termini, ne è parte integrante. Di fatto, i suoi attivi e i suoi debiti appartengono alla sua sede (cfr. LOMBARDINI/CLEMETSON, op. cit., n. 7 seg. ad art. 641 CO con rinvii; JAEGGI/MOLINO, op. cit., pag. 644). Ne discende che la stessa non dispone di principio della legittimazione ricorsuale. Nondimeno, la giurisprudenza le concede la possibilità di intervenire in una procedura giudiziaria in nome della società principale, in virtù di un potere di rappresentanza speciale (cfr. DTF 120 III
11 consid. 2a; sentenze del TF 4P.146/2005 del 10 ottobre 2005 consid. 5.2.2; 4A.3/2003 del 28 novembre 2003 consid. 1.2). Ciò è segnatamente il caso, allorquando il potere di rappresentanza traspare dalle circostanze concrete del caso (cfr. sentenze del TAF A-3558/2013 del 18 novembre 2014 consid. 1.3.1; A-2015/2009 del 16 febbraio 2012 consid. 1.3;
A-1521/2006 del 5 giugno 2007 consid. 2.1 con rinvii).
In concreto, dall’estratto del registro di commercio svizzero della società ricorrente risulta che la stessa è la succursale straniera della società madre A. , con sede principale in Nigeria. Di principio, la stessa non dispone pertanto della legittimazione ricorsuale (cfr. consid. 1.2.1 del presente giudizio).
Sennonché, viste le circostanze particolari in cui ci si trova, si può tuttavia partire dal presupposto che la succursale straniera in territorio svizzero contestando la trasmissibilità delle informazioni fiscali in oggetto - riguardanti non solo lei stessa, ma pure la sua società madre A. - alle competenti autorità fiscali nigeriane, abbia di fatto agito in nome e per conto di quest’ultima, in virtù di un potere di rappresentanza speciale, di modo che risulta legittimata ad inoltrare il presente gravame (cfr. consid. 1.2.1 del presente giudizio; parimenti, sentenze del TAF A-3558/2013 del 18 novembre 2014 consid. 1.3.2; A-6381/2012 del 3 giugno 2014 consid. 1.2 con rinvii). Ciò si giustifica ancor più alla luce dell’art. 10 cpv. 2 lett. c OAAF,
secondo cui in presenza di un accordo fiscale preliminare relativo ad uno stabilimento d’impresa in Svizzera va di principio informato lo Stato ove è ubicata la società madre che lo detiene (cfr. al riguardo, considd. 4.5.1 e
4.5.2 del presente giudizio). In effetti, in materia d’imposta diretta (cfr. art. 51 cpv. 1 lett. b della legge federale del 14 dicembre 1990 sull’imposta federale diretta [LIFD, RS 642.11]) è proprio la succursale in Svizzera (quale stabilimento d’impresa) che è assoggettata all’imposta e che è iscritta quale contribuente. Poiché, come visto, secondo l’art. 10 cpv. 2 lett. c OAAF si tratta della trasmissione di un ruling fiscale concernente precisamente uno stabilimento d’impresa, appare qui giustificato ammettere ampiamente la competenza di questa succursale nel rappresentare la società straniera da cui essa dipende. Sarebbe tuttavia auspicabile (cfr. paragrafo che segue) che l’autorità inferiore interpelli espressamente la succursale - perlomeno nell’ambito degli scambi spontanei d’informazioni litigiosi - su questo aspetto della rappresentanza della sua sede.
Ora, nel caso concreto, è qui doveroso altresì precisare che la decisione finale del 26 novembre 2018 dell’autorità inferiore, qui impugnata, indica erroneamente quale destinataria la qui ricorrente anziché la società madre A. . Di per sé, la decisione impugnata appare dunque formalmente viziata. Sennonché, in presenza di un accordo fiscale preliminare riguardante uno stabilimento d’impresa ubicato in Svizzera e tenuto conto delle circostanze particolari del caso, si può partire dal presupposto che l’autorità inferiore abbia invero notificato la decisione impugnata alla ricorrente, quale rappresentante della società madre. Si deve dunque presumere che la vera destinataria della decisione impugnata - e di riflesso del presente giudizio - è la società madre A. che la ricorrente, sua succursale straniera ubicata in Svizzera, qui rappresenta. In tale contesto, si deve dunque ritenere ogni eventuale vizio di forma della precedente decisione dell’autorità inferiore come sanata dinanzi allo scrivente Tribunale. Ciò puntualizzato, per motivi meramente di ordine pratico, nel presente giudizio la predetta succursale continuerà ad essere designata dal Tribunale con il termine di « ricorrente » o « società ricorrente ».
Il ricorso ha effetto sospensivo ex lege (cfr. art. 19 cpv. 3 LAAF in combinato disposto con l’art. 22d LAAF). L’eventuale trasmissione di informazioni da parte dell’autorità inferiore non può che intervenire che alla crescita in giudicato della decisione di rigetto del ricorso (cfr. [tra le tante] sentenze
del TAF A-5893/2017 dell’8 ottobre 2019 consid. 1.2; A-6266/2017 del 24 agosto 2018 consid. 1.3). Ciò puntualizzato, il ricorso essendo ricevibile in ordine, lo stesso dev’essere esaminato nel merito.
Con ricorso al Tribunale amministrativo federale possono essere invocati la violazione del diritto federale, compreso l’eccesso o l’abuso del potere di apprezzamento (cfr. art. 49 lett. a PA), l’accertamento inesatto o incompleto di fatti giuridicamente rilevanti (cfr. art. 49 lett. b PA) nonché l’inadeguatezza (cfr. art. 49 lett. c PA; cfr. MOSER/BEUSCH/KNEUBÜHLER, Prozessieren vor dem Bundesverwaltungsgericht, 2a ed. 2013, n. 2.149).
Il Tribunale amministrativo federale non è vincolato né dai motivi addotti (cfr. art. 62 cpv. 4 PA), né dalle considerazioni giuridiche della decisione impugnata, né dalle argomentazioni delle parti (cfr. DTF 142 V 551 consid. 5; 141 V 234 consid. 1; DTAF 2007/41 consid. 2; MOOR/POLTIER, Droit administratif, vol. II, 3a ed. 2011, no. 2.2.6.5, pag. 300). I principi della massima inquisitoria e dell’applicazione d’ufficio del diritto sono tuttavia limitati: l’autorità competente procede difatti spontaneamente a constatazioni complementari o esamina altri punti di diritto solo se dalle censure sollevate o dagli atti risultino indizi in tal senso (cfr. DTF 141 V 234 consid. 1 con rinvii; 122 V 157 consid. 1a; 121 V 204 consid. 6c; DTAF 2007/27 consid. 3.3). Secondo il principio di articolazione delle censure (« Rügeprinzip ») l’autorità di ricorso non è tenuta a esaminare le censure che non appaiono evidenti o non possono dedursi facilmente dalla constatazione e presentazione dei fatti, non essendo a sufficienza sostanziate (cfr. DTF 141 V 234 consid. 1; MOSER/BEUSCH/KNEUBÜHLER, op. cit., n. 1.55). Il principio inquisitorio non è quindi assoluto, atteso che la sua portata è limitata dal dovere delle parti di collaborare all’istruzione della causa (cfr. DTF 143 II 425 consid. 5.1; 140 I 285 consid. 6.3.1; 128 II 139 consid. 2b). Il dovere processuale di collaborazione concernente in particolare il ricorrente che interpone un ricorso al Tribunale nel proprio interesse, comprende, in particolare, l’obbligo di portare le prove necessarie, d’informare il giudice sulla fattispecie e di motivare la propria richiesta, ritenuto che in caso contrario arrischierebbe di dover sopportare le conseguenze della carenza di prove (cfr. art. 52 PA; cfr. DTF 140 I 285 consid. 6.3.1; 119 III 70 consid. 1; MOOR/POLTIER, op. cit., no. 2.2.6.3, pag. 293 e segg.).
Nel suo gravame, la società ricorrente censura innanzitutto la violazione del suo diritto di essere sentita (art. 29 cpv. 2 Cost.), nella misura in cui l’autorità inferiore si è rivolta a lei in lingua francese anziché in lingua
italiana, disattendendo così l’art. 70 Cost. Più nel dettaglio, sottolineando come sia notorio che nel Cantone Ticino la lingua ufficiale è l’italiano, la ricorrente ritiene infatti che in virtù dell’art. 70 cpv. 2 Cost. l’autorità inferiore avrebbe dovuto rivolgersi a lei in lingua italiana. Indirizzandosi a lei in lingua francese, senza nemmeno premurarsi di chiederle il consenso affinché la corrispondenza avvenisse in una lingua diversa da quella ufficiale, la ricorrente ritiene pertanto che l’autorità inferiore non l’avrebbe messa in condizione di dare propriamente seguito né alla prima comunicazione del 31 ottobre 2018, né alla decisione qui impugnata, privandola così della possibilità di esercitare pienamente il suo diritto di essere sentita. Tenuto conto del brevissimo termine ricorsuale ancora disponibile dopo il conferimento del mandato al proprio patrocinatore in data 17 dicembre 2018, a suo avviso, detta violazione del suo diritto di essere sentito non potrebbe in ogni caso essere sanata dinanzi al Tribunale. Essa ritiene pertanto che la decisione impugnata andrebbe annullata già per questo motivo (cfr. ricorso 21 dicembre 2018, pag. 2 seg.).
Il diritto di essere sentito essendo una garanzia di natura formale, la cui violazione implica, di principio, l’annullamento della decisione resa dall’autorità, indipendentemente dalle possibilità di successo del ricorso nel merito (cfr. DTF 142 II 218 consid. 2.8.1; 135 I 187 consid. 2.2; 132 V 387 consid. 5.1; DTAF 2009/36 consid. 7), tale doglianza va esaminata prioritariamente dal Tribunale.
Il diritto di essere sentito, sancito dall’art. 29 cpv. 2 Cost., garantisce all’interessato il diritto di esprimersi prima che sia resa una decisione sfavorevole nei suoi confronti, il diritto di prendere visione dell’incarto, la facoltà di offrire mezzi di prova su fatti suscettibili di influire sul giudizio, di esigerne l’assunzione, di partecipare alla loro assunzione e di potersi esprimere sulle relative risultanze, nella misura in cui esse possano influire sulla decisione, nonché di ottenere una decisione motivata (cfr. DTF 144 I 11 consid. 5.3; 135 II 286 consid. 5.1; sentenze del TF 4A_35/2010 del
19 maggio 2010; 8C_321/2009 del 9 settembre 2009; [tra le tante] sentenze del TAF A-5576/2018 del 5 dicembre 2019 consid. 3.1.1; A- 3764/2017 del 2 ottobre 2019 consid. 2.1.1; THIERRY TANQUEREL, Manuel de droit administratif, 2a ed. 2018, n. 1528 segg.).
A titolo eccezionale, la violazione del diritto di essere sentito può essere sanata nella procedura di ricorso, se i motivi determinanti sono stati addotti in risposta dall’autorità, se il ricorrente ha potuto commentarli in un
successivo memoriale e, soprattutto, se il potere d’esame della giurisdizione competente non è più ristretto di quello dell’istanza inferiore (cfr. DTF 142 II 218 consid. 2.8.1; 135 I 187 consid. 2.2; 133 I 201 consid. 2.2; sentenza del TF 1C_104/2010 del 29 aprile 2010 consid. 2.1; [tra le tante] sentenze del TAF A-5576/2018 del 5 dicembre 2019 consid. 3.1.3 con rinvii; A-3764/2017 del 2 ottobre 2019 consid. 2.1.3).
Nell’ambito dello scambio spontaneo d’informazioni, il diritto di essere sentito delle persone interessate e delle persone legittimate a ricorrere ex art. 48 PA è garantito e disciplinato dagli artt. 22b, 22c e 22d LAAF in maniera analoga a quanto previsto nell’ambito dell’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (cfr. in particolare, rinvio specifico degli artt. 22c e 22d LAAF alle regole applicabili in tale ambito). Di principio, l’AFC informa del previsto scambio spontaneo di informazioni la persona interessata e le altre persone di cui deve presumere, in base agli atti, il diritto a ricorrere secondo l’art. 48 PA (cfr. art. 22b cpv. 1 LAAF; parimenti art. 22b cpv. 2 LAAF, secondo cui, in via eccezionale e a determinate condizioni, l’informazione può intervenire successivamente allo scambio spontaneo di informazioni). Dette persone possono partecipare al procedimento e consultare gli atti (cfr. art. 15 cpv. 1 LAAF per analogia ex art. 22c LAAF). L’AFC notifica loro una decisione finale in cui motiva lo scambio spontaneo d’informazioni e determina l’entità delle informazioni da trasmettere (cfr. art. 17 cpv. 1 LAAF per analogia ex art. 22d LAAF).
L’art. 18 Cost. garantisce la libertà di lingua, ovvero il diritto di utilizzare una lingua di propria scelta, in particolare anche la propria lingua madre (cfr. DTF 139 I 229 consid. 5.4 con rinvii; 138 I 123 consid. 5.1; 136 I 149 consid. 4.1; THOMAS PFISTERER, in: Auer/Müller/Schindler [ed.], VwVG - Bundesgesetz über das Verwaltungsverfahren Kommentar, 2a ed. 2019; n. 11 ad art. 33a PA). Tale diritto non è tuttavia assoluto, nella misura in cui a livello federale è limitato in particolare dal principio delle lingue ufficiali (« Amtssprachenprinzip »; art. 70 cpv. 1 Cost.) e dal principio della territorialità (art. 70 cpv. 2 Cost.; cfr. DTF 139 I 229 consid. 5.4 con rinvii). Giusta l’art. 70 cpv. 1 Cost., le lingue ufficiali della Confederazione sono il tedesco, il francese e l’italiano. Il romancio è la lingua ufficiale nei rapporti con le persone di lingua romancia. Più concretamente, se da un lato, le autorità federali sono tenute a comunicare in una lingua ufficiale, d’altro canto, gli amministrati non hanno alcun diritto a comunicare con le autorità federali in una lingua di loro preferenza. Essi sono infatti tenuti - su riserva di norme speciali, quali l’art. 31 cpv. 2 Cost., l’art. 5 cpv. 2 CEDU e l’art. 6 cpv. 3 lett. a CEDU - ad utilizzare una lingua ufficiale (cfr. DTF 139 I 229
consid. 5.4 con rinvii; 138 I 123 consid. 5.2; 136 I 149 consid. 4.3; PATRICIA EGLI, in: Waldmann/Weissenberger [ed.], VwVG - Praxiskommentar Verwaltungsverfahrensgesetz, 2a ed. 2016, [di seguito: Praxiskommentar],
n. 6 ad art. 33a PA). In virtù dell’art. 70 cpv. 2 Cost., i Cantoni designano le loro lingue ufficiali. Per garantire la pace linguistica rispettano la composizione linguistica tradizionale delle regioni e considerano le minoranze linguistiche autoctone. Tale principio vale in particolare a tutela della lingua romancia e della lingua italiana (cfr. art. 70 cpv. 5 Cost.; DTF 139 I 229 consid. 5.5; 138 I 123 consid. 8).
Detti principi costituzionali sono concretizzati dalla legge federale del 5 ottobre 2007 sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche (LLing, RS 441.1; cfr. PFISTERER, op. cit., n. 17 ad art. 33a PA). In particolare, giusta l’art. 6 cpv. 1 e cpv. 2 LLing, gli amministrati possono rivolgersi alle autorità federali nella lingua ufficiale di loro scelta - ovvero, come visto, l’italiano, il francese, il tedesco e, nei rapporti con le persone di lingua romancia, il romancio (cfr. art. 70 cpv. 1 Cost.) - ed ottenere una risposta nella medesima lingua (cfr. sentenza del TAF A-6547/2011 del 22 ottobre 2013 consid. 4.2.6; KÖLZ/HÄNER/BERTSCHI, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 3a ed. 2013, n. 593 seg.).
A livello della procedura amministrativa federale, quanto disposto dall’art. 6 LLing trova a sua volta la propria concretizzazione nell’art. 33a cpv. 1 PA (cfr. PFISTERER, op. cit., n. 18 ad art. 33a PA), secondo cui il procedimento si svolge in una delle quattro lingue ufficiali, di regola nella lingua in cui le parti hanno presentato o presenterebbero le conclusioni. In tale contesto, l’autorità amministrativa fruisce di un certo potere d’apprezzamento nella scelta della lingua di procedura e nel derogare al principio secondo cui fa stato la lingua ufficiale, della quale si potrebbe servire l’interessato nelle sue conclusioni. Nella scelta della lingua di procedura, l’autorità deve tenere conto non solo degli interessi concreti delle parti e del principio della parità delle armi, ma anche dell’economia procedurale e del principio di celerità (cfr. sentenze del TF 1A.71/2005 dell’11 maggio 2005 consid. 4.1; 1A.33/2000 del 19 giugno 2000 considd. 3b e 3c; DTAF 2008/31 consid. 7; EGLI, Praxiskommentar, n. 14 ad art. 33a PA; cfr. PFISTERER, op. cit., n. 34 e 35 ad art. 33a PA).
Nell’ambito dell’assistenza giudiziaria internazionale, il Tribunale federale ha già avuto poi occasione di stabilire che per un avvocato, che esercita in Svizzera in tale campo, è presunto che egli conosca, per lo meno in maniera passiva, le lingue ufficiali della Confederazione (cfr. sentenze del TF 2C_201/2013 del 24 gennaio 2014 consid. 4.2; 1A.186/2006
del 5 settembre 2007 consid. 3.2.3; 1A.71/2005 dell’11 maggio 2005 consid. 4.1; parimenti [in un altro ambito] 2C_495/2017 del 27 maggio 2019 consid. 3; EGLI, Praxiskommentar, n. 14 e 15 ad art. 33a PA; PFISTERER, op. cit., n. 38 ad art. 33a PA).
In concreto, nella propria risposta 14 febbraio 2019 l’autorità inferiore ha indicato che la scelta della lingua francese quale lingua di procedura è stata dettata da motivi di economia procedurale e di celerità, tipici dello scambio spontaneo di informazioni. Essa indica di essere stata sollecitata, nel corso della metà del 2018, ad evadere speditamente oltre un migliaio di incarti, perlopiù in lingua francese e tedesca. In tale contesto, ha altresì indicato di aspettarsi da società con sede in Svizzera e operative a livello internazionale, come la ricorrente, ch’esse abbiano almeno delle conoscenze passive delle lingue ufficiali della Confederazione, rispettivamente che le stesse chiedano l’uso di un’altra lingua ufficiale a loro più consone. A mente dell’autorità inferiore, nella misura in cui a seguito dello scritto 17 dicembre 2018, la ricorrente non avrebbe né sollecitato l’utilizzo della lingua italiana, né chiesto spiegazioni al riguardo, la stessa avrebbe disatteso il suo dovere di collaborazione. Essa avrebbe infatti atteso quasi la fine del termine di ricorso contro la decisione impugnata, per chiedere spiegazioni al suo patrocinatore. A suo avviso, non vi sarebbe pertanto stata alcuna violazione del suo diritto di essere sentita (cfr. risposta 14 febbraio 2019, pag. 3).
A tal proposito, il Tribunale osserva come nell’ambito dell’assistenza amministrativa in materia fiscale, così come nell’ambito dello scambio spontaneo d’informazioni, il principio di celerità e dell’economia di procedura possono avere una certa influenza nella scelta della lingua di procedura, perlomeno nella prima fase, ove le persone interessate vengono informate dall’AFC in merito alla sussistenza di una domanda di assistenza o di un caso di scambio spontaneo di informazioni (cfr. art. 14 LAAF; art. 22b cpv. 1 LAAF; consid. 3.1.3 del presente giudizio). Quanto indicato dall’autorità inferiore nella scelta della lingua di procedura - tenuto conto del suo potere di apprezzamento in tale ambito (cfr. consid. 3.2.2 del presente giudizio) - appare qui non solo sensato, ma anche giustificato. Se è vero che la lingua ufficiale del Cantone Ticino è l’italiano, è altrettanto vero che l’AFC non è tenuta a scegliere forzatamente tale lingua per le sue comunicazioni indirizzate a società ubicate in detto Cantone. Essa è infatti unicamente tenuta a scegliere una lingua ufficiale ex art. 70 cpv. 1 Cost., previa ponderazione degli interessi in gioco (cfr. consid. 3.2.3 del presente giudizio). Spetta poi al diretto interessato manifestarsi, qualora la lingua
scelta dall’AFC le risulti difficile o incomprensibile. Ora, pur comprendendo la frustrazione della ricorrente, non si può negare che la stessa, una volta ricevuto il primo scritto 17 dicembre 2018 dell’autorità inferiore, è rimasta totalmente inattiva. Di fatto, essa non ha sollecitato né delle spiegazioni, né postulato la notifica o la traduzione di detto scritto in lingua italiana. È solo una volta ricevuta la decisione finale del 26 novembre 2018, ch’essa si è rivolta ad un avvocato, quasi alla fine del termine di ricorso, sollevando poi in questa sede la problematica della lingua. Così facendo, la ricorrente non ha ottemperato al suo dovere di collaborazione (cfr. consid. 2.2 del presente giudizio). In tali circostanze, il solo fatto che la procedura si sia svolta in lingua francese anziché in italiano, senza alcuna protesta da parte della ricorrente, non configura gli estremi di una violazione del diritto di essere sentita della ricorrente. Su questo punto il ricorso va pertanto respinto.
Nel caso in disamina, oggetto del litigio è la decisione finale del 26 novembre 2018 dell’autorità inferiore, con cui quest’ultima ha disposto lo scambio spontaneo d’informazioni con lo Stato nigeriano in merito all’accordo fiscale preliminare del 26 novembre 2015 concernente la società ricorrente, sulla base dell’art. 7 MAC, nonché degli artt. 5 - 14 OAAF in combinato disposto con l’art 22a cpv. 1 LAAF. In tale contesto, per lo scrivente Tribunale si tratta essenzialmente di esaminare se nel caso concreto sono dati i presupposti per lo scambio spontaneo d’informazioni, alla luce delle puntuali censure sollevate dalla ricorrente.
A tal fine, di seguito, il Tribunale richiamerà preliminarmente i principi applicabili alla presente fattispecie (cfr. consid. 4.1 - 4.6 del presente giudizio).
Lo scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale è retto dall’art. 7 MAC. Secondo detta disposizione, una Parte comunica, senza domanda preliminare, a un’altra Parte le informazioni di cui è a conoscenza nelle seguenti situazioni:
la prima Parte ha motivo di ritenere che esista una riduzione o un’esenzione anomala d’imposta nell’altra Parte;
un contribuente ottiene, nella prima Parte, una riduzione o un’esenzione d’imposta che comporterebbe un aumento di imposta o un assoggettamento all’imposta nell’altra Parte;
le operazioni tra un contribuente di una Parte e un contribuente di un’altra Parte avvengono tramite uno o più Paesi in modo tale che ne possa risultare una diminuzione d’imposta in una Parte o nell’altra o in entrambe le Parti;
una Parte ha motivo di ritenere che esista una diminuzione d’imposta dovuta a trasferimenti fittizi di utili tra gruppi di imprese;
a seguito di informazioni comunicate a una Parte da un’altra Parte, la prima Parte è venuta a conoscenza di informazioni che possono essere utili alla determinazione dell’imposta nell’altra Parte.
I casi elencati all’art. 7 par. 1 MAC in merito a quando deve essere effettuato uno scambio spontaneo d’informazioni costituiscono la base di diritto materiale per lo scambio spontaneo d’informazioni (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4634). Le informazioni trasmesse spontaneamente concernono dati che sono già a disposizione delle autorità fiscali di una Parte. L’autorità fiscale di una Parte non è obbligata ad acquisire informazioni da altri possessori delle stesse per lo scambio spontaneo di informazioni. In linea di massima, nello scambio spontaneo di informazioni possono essere scambiati tutti i tipi di dati, incluse le informazioni bancarie. Affinché lo scambio spontaneo di informazioni funzioni, queste devono poter essere qualificate come importanti. L’art. 7 par. 2 MAC stabilisce pertanto che ogni Parte adotta le misure e attua le procedure necessarie affinché le informazioni di cui al par. 1 le pervengano ai fini della loro trasmissione a un’altra Parte. Sulla base di detta norma, la procedura in materia di scambio spontaneo d’informazioni in Svizzera è disciplinata dagli artt. 22a - 22e LAAF, nonché dagli artt. 5 -14 OAAF (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4635 e 4649).
Ai sensi dell’art. 4 par. 1 MAC, anche nell’ambito dello scambio spontaneo d’informazioni, le Parti sono tenute a scambiarsi le informazioni che sono verosimilmente rilevanti per l’amministrazione o l’applicazione delle loro legislazioni interne relative alle imposte ai sensi di detta Convenzione. La premessa della rilevanza verosimile (o verosimile pertinenza) corrisponde allo standard internazionale per l’assistenza amministrativa fiscale. Sono quindi escluse le cosiddette ricerche generalizzate e indiscriminate di informazioni (« fishing expeditions ») o lo scambio di informazioni che non sono rilevanti per l’assoggettamento di un determinato contribuente o di un determinato gruppo di persone. Il principio contenuto nell’art. 4 par. 1 è realizzato negli artt. 4-9 MAC, ivi compreso dunque l’art. 7 MAC concernente lo scambio spontaneo d’informazioni (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4630 seg.).
zioni - in casu, la convenzione MAC - e decide quali informazioni trasmettere (cfr. art. 22a cpv. 4 OAAF; Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4654). In estrema sintesi, l’AFC ha l’obbligo di procedere ad uno scambio spontaneo d’informazioni ex art. 7 MAC in presenza di un accordo fiscale preliminare ai sensi dell’art. 8 OAAF (cfr. consid. 4.3 del presente giudizio) che adempie ai requisiti dell’art. 9 OAAF (cfr. consid. 4.4 del presente giudizio), purché sia possibile identificare almeno uno Stato destinatario ai sensi dell’art. 10 OAAF (cfr. consid. 4.5 del presente giudizio). Non deve tuttavia trattarsi né di un caso irrilevante ai sensi dell’art. 5 OAAF, né d’informazioni sbagliate o non rilevanti ai sensi dell’art. 14 OAAF (cfr. consid. 4.6 del presente giudizio).
Nell’ambito dello scambio spontaneo di informazioni, l’accordo fiscale preliminare è definito dall’art. 8 OAAF. Ai sensi di tale disposizione, un’informazione, una conferma o una garanzia di un’amministrazione delle contribuzioni è definita come un accordo fiscale preliminare se: è fornita dall’amministrazione delle contribuzioni a un contribuente (lett. a), concerne le conseguenze fiscali di una fattispecie descritta dal contribuente (lett. b) e il contribuente può farvi affidamento (lett. c). Di fatto, i ruling fiscali costituiscono un caso di applicazione del principio della buona fede e della tutela dell’affidamento. Nello specifico si tratta di informazioni preliminari fornite dall’amministrazione fiscale che pur non avendo carattere di decisione, a determinate condizioni, possono produrre conseguenze giuridiche vincolanti per le autorità sulla base del principio della buona fede (cfr. art. 9 Cost.; DTF 141 I 161 consid. 3.1 con rinvii; sentenze del TF 2C_137/2016 del 13 gennaio 2017 consid. 6.2; 2C_664/2013 del 28 aprile 2014 con-
sid. 4.2; sentenza del TAF A-2347/2014 del 29 settembre 2015 consid. 3.2 con rinvii; Comunicazione-011-DVS-2019-i, pag. 1; Spiegazioni DFF, pag. 10; SAMUELE VORPE/SACHA CATTELAN, Diritto tributario internazionale e dell’UE. Lo scambio spontaneo di informazioni sui ruling fiscali, in: Novità fiscali/n. 7-8/luglio-agosto 2016, pag. 31 seg.). Detto in altri termini, ai fini dello scambio spontaneo d’informazioni la sussistenza di un accordo fiscale preliminare ai sensi dell’art. 8 OAAF si desume principalmente dall’art. 9 Cost. (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 10).
Secondo la costante giurisprudenza del Tribunale federale, in virtù del principio della buona fede ai sensi dell’art. 9 Cost. un contribuente può appellarsi ad un accordo fiscale preliminare nei confronti dell’autorità fiscale se sono soddisfatte cumulativamente le cinque seguenti condizioni:
(1) l’informazione dell’autorità si riferisce a un caso concreto che riguarda
il contribuente; (2) l’autorità che ha fornito l’informazione aveva la competenza per farlo o il contribuente poteva, per motivi sufficienti, reputare competente tale autorità; (3) il contribuente non ha potuto riconoscere ipso facto l’inesattezza dell’informazione; (4) il contribuente ha adottato in buona fede dei provvedimenti che non possono essere revocati senza arrecare uno svantaggio; (5) al momento della realizzazione la situazione giuridica è la stessa del momento in cui è stata fornita l’informazione (cfr. DTF 141 I 161 consid. 3.1 con rinvii; 131 II 627 consid. 6.1 seg.; 121 II 473 consid. 2c; 116 Ib 185 consid. 3c; [tra le tante] sentenze del TAF A-2911/2017 del 3 aprile 2019 consid. 10.1; A-2347/2014 del 29 settembre 2015 consid. 3.3 con rinvii; Comunicazione-011-DVS-2019-i, pag. 1; Spiegazioni DFF, pag. 10; VORPE/CATTELAN, op. cit., pag. 32; JÉRÔME BÜRGISSER, Du ruling fiscal, in: RDAF 2014 II pag. 402, pag. 408 segg.; RAPHAËL GANI, Ruling fiscal: un contrat de confiance?, in: Meier/Papaux (ed.), Risque (s) et droit, 2010, pag. 139). Poiché la predetta giurisprudenza non è tuttavia stata prodotta in correlazione con l’assistenza amministrativa internazionale, per le questioni inerenti allo scambio spontaneo di informazioni, le condizioni suesposte vanno interpretate per analogia (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 10).
I ruling fiscali possono riguardare sia una singola situazione concreta sia una situazione duratura. Le informazioni, conferme o garanzie sotto forma di norme generali astratte (come circolari o promemoria) che non sono indirizzate a destinatari specifici non costituiscono un accordo fiscale preliminare ai sensi dell’art. 8 OAAF e non sottostanno pertanto allo scambio spontaneo di informazioni, poiché in questi casi non si è in presenza di una fattispecie concreta e tantomeno sarebbe possibile individuare uno Stato per cui l’informazione assuma presumibilmente rilevanza (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 10; Comunicazione-011-DVS-2019-i, pagg. 1-2). Analogo discorso vale altresì per le informazioni, le conferme o le garanzie rilasciate nel corso della procedura di tassazione, se riguardano gli anni fiscali verificati (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 11).
Oggetto dello scambio spontaneo d’informazioni sono soltanto gli elementi essenziali di un accordo fiscale preliminare (ad es. le indicazioni relative alla società contribuente, il periodo di validità del ruling, la sintesi del contenuto del ruling, ecc.), ovvero le cosiddette comunicazioni relative agli accordi fiscali preliminari (cfr. Comunicazione-011-DVS-2019-i, pag. 5). Conformemente allo standard dell’OCSE, l’accordo fiscale preliminare vero e proprio non viene infatti trasmesso all’estero. Non vengono inoltrate nemmeno le informazioni unicamente necessarie per il controllo formale delle informazioni trasmesse dall’AFC. Più concretamente, l’art. 13 cpv. 1 OAAF dispone che in presenza di un accordo fiscale preliminare,
l’AFC trasmette agli Stati destinatari le informazioni ottenute secondo l’art. 11 cpv. 1 lett. b-l, cpv. 2 e cpv. 3 OAAF (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 16).
Giusta l’art. 9 cpv. 1 OAAF, lo scambio spontaneo di informazioni deve essere eseguito se un accordo fiscale preliminare:
concerne fattispecie di cui all’art. 28 cpv. 2-4 della legge federale del 14 dicembre 1990 sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID, RS 642.14) oppure ha come oggetto una riduzione fiscale per i redditi da beni immateriali o diritti analoghi oppure una ripartizione fiscale internazionale di società principali;
fa riferimento al contesto transfrontaliero e ha come oggetto i prezzi di trasferimento tra persone associate o un metodo concernente i prezzi di trasferimento, stabiliti dall’autorità svizzera competente senza il coinvolgimento delle autorità competenti di altri Stati;
fa riferimento al contesto transfrontaliero e consente di ridurre l’utile imponibile in Svizzera, senza che ciò risulti nel conto annuale e nel conto di gruppo;
stabilisce che uno stabilimento d’impresa è costituito o non è costituito in Svizzera o all’estero oppure determina quali utili sono attribuiti allo stabilimento d’impresa; oppure
ha come oggetto una fattispecie concernente la struttura dei flussi transfrontalieri di finanziamento o dei redditi trasferiti a persone associate in un altro Stato tramite enti svizzeri.
Per quanto concerne la lett. a dell’art. 9 cpv. 1 OAAF si impone la seguente precisazione. Sebbene i cpv. 2-4 dell’art. 28 LAID, a cui essa fa riferimento, siano stati nel frattempo formalmente abrogati dal n. I 3 della legge federale del 28 settembre 2018 concernente la riforma fiscale e il finanziamento dell’AFC, con effetto dal 1° gennaio 2020 (RU 2019 2395 2413; FF 2018 2079), ciò non toglie che gli accordi fiscali preliminari conclusi allorquando detta norma era ancora in vigore, restano nondimeno oggetto di scambio spontaneo di informazioni.
Ciò sancito, va poi precisato che l’art. 9 cpv. 1 OAAF contempla le cinque categorie di accordo fiscale preliminare le cui informazioni, secondo lo standard dell’OCSE, potrebbero essere verosimilmente rilevanti per l’altro Stato (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 11; Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4633): accordo fiscale preliminare in relazione con un cosiddetto « regime fiscale » (lett. a); accordo fiscale preliminare su questioni concernenti i prezzi di trasferimento (lett. b); accordo fiscale preliminare su determinati
metodi per ridurre unilateralmente l’utile imponibile (lett. c); accordo fiscale preliminare su questioni concernenti gli stabilimenti d’impresa (lett. d); accordo fiscale preliminare su determinate strutture per il trasferimento di pagamenti o redditi (lett. c; cfr. Spiegazioni DFF, pag. 13). Queste categorie sono state inserite nello standard dell’OCSE perché in passato gli accordi fiscali preliminari sono stati utilizzati da imprese multinazionali a scopo di erosione della base imponibile e trasferimento degli utili. Un accordo fiscale preliminare può soddisfare al tempo stesso diverse condizioni menzionate nell’art. 9 cpv. 1 OAAF. In tal caso occorre informare tutti gli Stati destinatari rilevanti ai sensi dell’art. 10 OAAF (cfr. al riguardo, consid. 4.5 del presente giudizio; Spiegazioni DFF, pag. 11; Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4633).
Giusta l’art. 9 cpv. 2 OAAF, le persone sono considerate associate quando una di loro detiene una partecipazione di almeno il 25 % nell’altra o quando una terza persona detiene una partecipazione di almeno il 25 % in ciascuna delle altre due persone. Detiene una partecipazione in una persona chi detiene direttamente o indirettamente una rispettiva quota dei diritti di voto oppure del capitale azionario o sociale di tale persona. Tale definizione - che riprende quella di « persone associate » formulata per lo standard dell’OCSE - ha validità soltanto ai fini dello scambio spontaneo di informazioni su accordi fiscali preliminari (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 12).
Giusta l’art. 9 cpv. 3 OAAF, l’obbligo dello scambio spontaneo d’informazioni sussiste indipendentemente dalla realizzazione effettiva della fattispecie oggetto dell’accordo fiscale preliminare. Stando allo standard dell’OCSE, il fatto stesso che l’accordo fiscale preliminare sia a favore della protezione della buona fede nei confronti del contribuente giustifica la rilevanza dell’informazione per un altro Stato (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 13).
Giusta l’art. 10 cpv. 1 OAAF, se un accordo fiscale preliminare soddisfa almeno una delle condizioni di cui all’art. 9 cpv. 1 OAAF deve essere eseguito uno scambio spontaneo di informazioni con le autorità competenti dello Stato di sede della società che detiene il controllo diretto e della società madre del gruppo. Detta disposizione stabilisce che in presenza di tutte le categorie di accordi fiscali preliminari di cui all’art. 9 OAAF debba essere eseguito uno scambio di informazioni con le autorità competenti dello Stato di sede della società che detiene il controllo diretto e della società madre del gruppo. La società madre del gruppo e la società che detiene il controllo vengono in linea di massima determinate in base alle disposizioni sulla presentazione dei conti contenute CO. Se le società
interessate presentano una forma giuridica diversa dalla società anonima, per la determinazione degli utili e delle perdite della società che detiene il controllo diretto e della società madre del gruppo il principio del controllo si applica per analogia (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 13).
Giusta l’art. 10 cpv. 2 OAAF, lo scambio spontaneo di informazioni deve essere eseguito inoltre nei casi qui menzionati e con i seguenti Stati:
in presenza di un accordo fiscale preliminare di cui all’art. 9 cpv. 1 lett. a OAAF, con gli Stati di sede di persone associate con le quali il contribuente opera transazioni che sottostanno a un’imposizione secondo l’accordo fiscale preliminare oppure che, per il contribuente, generano redditi derivanti da persone associate che sono assoggettati a imposta secondo l’accordo fiscale preliminare;
in presenza di un accordo fiscale preliminare di cui all’art. 9 cpv. 1 lett. b o lett. c OAAF, con gli Stati di sede di persone associate con le quali il contribuente opera transazioni le cui conseguenze fiscali sono oggetto di un accordo fiscale preliminare;
in presenza di un accordo fiscale preliminare di cui all’art. 9 cpv. 1 lett. d OAAF, con lo Stato in cui è situato lo stabilimento d’impresa estero oppure con lo Stato di sede della persona che detiene uno stabilimento d’impresa in Svizzera;
in presenza di un accordo fiscale preliminare di cui all’art. 9 cpv. 1 lett. e OAAF, con gli Stati di sede di persone associate che effettuano direttamente o indirettamente pagamenti al contribuente e con lo Stato di sede dell’avente diritto definitivo a tali pagamenti.
Detta disposizione definisce, conformemente allo standard dell’OCSE, per quali categorie di accordi fiscali preliminari e con quali altri Stati deve essere eseguito uno scambio spontaneo di informazioni. I cpv. 1 e 2 nonché le lett. a-d del cpv. 2 dell’art. 10 OAAF si applicano cumulativamente. Qualora un accordo fiscale preliminare dovesse soddisfare più di una condizione di cui all’art. 9 cpv. 1 OAAF, l’informazione viene trasmessa a tutti gli Stati destinatari aventi diritto ai sensi dell’art. 10 cpv. 2 OAAF. La stessa informazione, tuttavia, deve essere trasmessa a un determinato Stato una sola volta (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 13).
In virtù dell’art. 5 cpv. 1 OAAF, i casi irrilevanti possono essere esclusi dallo scambio spontaneo d’informazioni. A sensi dell’art. 5 cpv. 2 OAAF, sono considerati casi irrilevanti in particolare i casi in cui l’onere per lo scambio spontaneo di informazioni è manifestamente sproporzionato rispetto agli importi rilevanti sotto il profilo fiscale e al potenziale gettito d’imposta dello Stato destinatario. Tale norma riprende il principio sancito
dall’art. 7 par. 2 MAC, secondo cui lo scambio spontaneo di informazioni interviene per le informazioni qualificabili come importanti (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4635; cfr. consid. 4.1.1 del presente giudizio). Secondo le Spiegazioni del DFF, lo scopo alla base dell’introduzione di questa disposizione nell’OAAF risiede nel fatto che lo scambio spontaneo di informazioni comporta un onere amministrativo sia per lo Stato che trasmette i dati sia per lo Stato destinatario. Le informazioni da trasmettere con questa modalità devono pertanto essere selezionate con cura dall’autorità che le fornisce. L’art. 5 cpv. 1 OAAF consente dunque di escludere dallo scambio spontaneo di informazioni i casi d’importanza esigua. In tal modo si può evitare che l’onere interno all’Amministrazione risulti superiore alle entrate fiscali generate con l’eventuale tassazione a posteriori (cfr. art. 5 cpv. 2 OAAF). La valutazione deve tenere conto degli oneri di entrambi gli Stati. Per stimare le spese dello Stato partner, l’autorità svizzera non può dedurre le condizioni della realtà estera basandosi sulla situazione nazionale, ma deve mettersi nei panni del potenziale Stato destinatario. Nella valutazione delle potenziali entrate fiscali occorre considerare che un gettito d’imposta ridotto per il contesto svizzero può rappresentare un’entrata non irrilevante per lo Stato interessato. In caso di dubbio, lo scambio spontaneo di informazioni deve essere eseguito (cfr. Spiegazioni DFF, pag. 9).
Giusta l’art. 14 OAAF, qualora, in un secondo tempo, le informazioni trasmesse alla divisione competente dell’AFC dovessero rivelarsi sbagliate o non rilevanti ai fini della tassazione del contribuente, l’amministrazione delle contribuzioni interessata lo notifica tempestivamente alla divisione competente dell’AFC e le trasmette le informazioni rettificate (cpv. 1). La divisione competente dell’AFC trasmette le informazioni rettificate allo Stato destinatario interessato (cpv. 2).
Stabiliti i principi qui applicabili, il Tribunale constata come in concreto la sussistenza di un accordo fiscale preliminare ai sensi dell’art. 8 OAAF sia pacifica (cfr. consid. 4.3 del presente giudizio). Dall’esame del formulario accluso alla decisione impugnata, risulta che l’accordo fiscale preliminare, emesso il 26 novembre 2015 e valido dal 21 gennaio 2016, concerne la società ricorrente in qualità di stabilimento d’impresa ubicato in Svizzera della società madre A. , con sede principale in Nigeria (cfr. formulario accluso alla decisione impugnata; atto n. 1 dell’inc. AFC). Di fatto, si è in presenza di un accordo fiscale preliminare su questioni concernenti gli stabilimenti d’impresa ai sensi dell’art. 9 cpv. 1 lett. d OAAF (cfr. consid. 4.4 del presente giudizio). Da questo formulario risulta altresì che il ruling
fiscale porta sui prezzi unilaterali di trasferimento o sui prezzi di trasferimento, con l’indicazione « Cost-plus 10% per servizi resi alla sede ». Si è dunque contemporaneamente in presenza di accordo fiscale preliminare su questioni concernenti i prezzi di trasferimento ai sensi dell’art. 9 cpv. 1 lett. b OAAF (cfr. consid. 4.4 del presente giudizio). Tali informazioni potrebbero essere verosimilmente rilevanti per le competenti autorità fiscali nigeriane (cfr. consid. 4.1.2 del presente giudizio). Ora, detto ruling fiscale risulta adempiere ai presupposti materiali dell’art. 9 OAAF (cfr. consid. 4.4 del presente giudizio) nonché dell’art. 10 OAAF (cfr. consid. 4.5 del presente giudizio), sicché si deve ritenere che è a giusta ragione che l’autorità inferiore intende procedere ad uno scambio spontaneo d’informazioni ex art. 7 MAC e trasmettere allo Stato destinatario le informazioni essenziali del predetto accordo fiscale preliminare relativo alla ricorrente, in virtù dell’art. 13 cpv. 1 OAAF in combinato disposto con l’art. 11 OAAF (cfr. consid. 4.3.4 del presente giudizio).
Con tale premessa, il Tribunale deve ora verificare se le censure sollevate dalla società ricorrente sono tali da inficiare o meno quanto precede (cfr. considd. 6 e 7 del presente giudizio).
In concreto, la ricorrente solleva il difetto dei presupposti materiali per lo scambio spontaneo d’informazioni, nella misura nella sua situazione si sarebbe in presenza di un caso irrilevante ai sensi dell’art. 5 OAAF. A mente della società ricorrente, la sua attività sarebbe infatti assai ridotta e l’interesse alla trasmissione spontanea dei dati sarebbe nullo, non ravvisandosi un particolare significato sotto il profilo tributario e non essendo gli stessi tali da determinare un potenziale gettito di rilievo di imposta nello Stato destinatario, ovvero la Nigeria. Inoltre, non sarebbe stato fatto valere alcun potenziale interesse nello Stato destinatario nel ricevere i dati in questione (cfr. ricorso 21 dicembre 2018, pag. 3).
Al riguardo, il Tribunale osserva come nel caso della società ricorrente nulla permette in concreto di ritenere che si tratti invero di un caso irrilevante ai sensi dell’art. 5 OAAF, ovvero che ci si trovi di fronte ad un onere per lo scambio spontaneo di informazioni manifestamente sproporzionato rispetto agli importi rilevanti sotto il profilo fiscale e al potenziale gettito d’imposta dello Stato destinatario (cfr. consid. 4.5.3 del presente giudizio). Come visto (cfr. consid. 5 del presente giudizio), di fatto si è di fronte ad un accordo fiscale preliminare ai sensi dell’art. 9 cpv. 1 lett. b e d OAAF concernente la società ricorrente quale succursale straniera e stabilimento d’impresa della società madre ubicata in Nigeria, la cui rilevanza verosimile
ex art. 4 MAC (cfr. consid. 4.1.2 del presente giudizio) per lo Stato destinatario non può essere esclusa a priori. Come indicato dalla stessa autorità inferiore, lo scambio spontaneo di informazioni in questione comporta poi nei suoi confronti un onere amministrativo limitato (cfr. risposta 14 febbraio 2019, pag. 3). In tale contesto, alla stregua dell’autorità inferiore (cfr. risposta 14 febbraio 2019, pag. 3), il Tribunale non può fare a meno di constatare come di fatto la ricorrente non abbia apportato alcuna prova di quanto da lei asserito, tale da far rimettere in dubbio la rilevanza dell’accordo fiscale preliminare in oggetto. Anche ad avere ancora dubbi al riguardo - ciò che non è tuttavia qui il caso -, non va dimenticato che in caso d’incertezza circa la rilevanza o meno delle informazioni, secondo le Spiegazioni DFF, l’AFC procede ad uno scambio spontaneo d’informazioni (cfr. consid.4.5.3 del presente giudizio). Su questo punto, il ricorso della ricorrente va pertanto respinto.
La ricorrente ritiene poi che nel suo caso lo scambio spontaneo di informazioni potrebbe ledere potenzialmente l’art. 6 CEDU nonché gli artt. 9 e 13 Cost., nella misura in cui vi sarebbe motivo di ritenere che la Nigeria, qui Stato destinatario, potrebbe dare avvio nei suoi confronti a procedure amministrative e/o giudiziarie contrarie agli standard previsti da uno Stato di diritto, difettando per l’appunto in detto Paese le garanzie proprie ad uno Stato di diritto. A sostegno delle sue asserzioni, essa ha prodotto il rapporto annuale 2017/2018 di Amnesty International relativo alla Repubblica Federale della Nigeria, di cui cita i seguenti passaggi (cfr. atto n. 3 prodotto dalla ricorrente):
« [ ] notizie di esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e di tortura e altri maltrattamenti di detenuti, in alcuni casi con esilio letale [ ]. L’esercito ha arbitrariamente arrestato migliaia di giovani uomini, donne e bambini [ ]. Sono continuati gli episodi di tortura e altri maltrattamenti e di detenzione illegale da parte della polizia e del servizio per la sicurezza di Stato [ ] ».
Essa cita altresì la tabella dell’Incaricato federale sulla protezione dei dati, aggiornata al 12 gennaio 2017, secondo cui in Nigeria il livello della protezione dei dati risulterebbe insufficiente (cfr. atto n. 4 prodotto dalla ricorrente; ricorso 21 dicembre 2018, pag. 3 seg.).
A tal proposito, il Tribunale rileva come l’art. 9 Cost. e l’art. 13 Cost. a cui si appella la ricorrente concernano la protezione dall’arbitrio e la tutela della buona fede, rispettivamente la protezione della sfera privata. Quanto a lui, l’art. 6 CEDU concerne le garanzie in materia di processo equo. Ora, nel contesto dello scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale la
tutela della società ricorrente in tal senso è garantita dall’art. 22 MAC, il quale disciplina la protezione dei dati e la confidenzialità delle informazioni, così come il principio della specialità, in maniera analoga all’art. 26 del Modello dell’OCSE (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4642 seg.).
Per quanto concerne la protezione dei dati e la confidenzialità delle informazioni, l’art. 22 par. 1 MAC sancisce che le informazioni ottenute da una Parte in virtù della MAC sono tenute segrete e tutelate alle stesse condizioni previste per le informazioni ottenute in applicazione della legislazione di detta Parte e, nella misura in cui sia garantito il necessario livello di protezione dei dati personali, conformemente alle garanzie che possono essere specificate dalla Parte che fornisce le informazioni ai sensi della sua legislazione interna.
Sulla base di tale norma, la Parte richiesta può comunicare alla Parte richiedente quali disposizioni in materia di protezione dei dati personali della propria legislazione interna devono essere rispettate anche dalla Parte richiedente per garantire il livello necessario di protezione dei dati. Queste disposizioni di tutela non devono però oltrepassare quanto è necessario alla garanzia della protezione dei dati. Questo disciplinamento è il risultato del rimando al diritto interno di una Parte ed è garante di una sufficiente protezione dei dati. Nel diritto svizzero tale principio è stato concretizzato dall’art. 5a LAAF secondo cui, se la convenzione applicabile prevede che l’autorità che trasmette le informazioni può specificare le disposizioni in materia di protezione dei dati che devono essere rispettate dall’autorità che riceve le informazioni, il Consiglio federale può concludere accordi sulla protezione dei dati. Tali disposizioni garantiscono almeno il livello di protezione della legge federale del 19 giugno 1992 sulla protezione dei dati (LPD, RS 235.1). Poiché il diritto svizzero in materia di protezione di dati corrisponde di principio alle esigenze internazionali, questi accordi servono di regola a garantire che l’altra Parte garantisca lo stesso necessario livello di protezione. In questo contesto, bisogna considerare che, di principio, tutte le Parti conoscono prescrizioni specifiche in materia di protezione di dati fiscali poiché è generalmente riconosciuto che tali dati siano degni di particolare protezione. L’elenco dell’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza, che riporta gli Stati, la cui legislazione prevede una protezione dei dati adeguata, può pertanto valere in questo contesto soltanto come indicatore parziale di uno Stato che garantisce un adeguato livello di protezione in riferimento ai dati scambiati in virtù della MAC. L’elenco dell’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza vale infatti per tutti i settori della vita e anche
per le trasmissioni di dati all’estero che non si basano su un trattato internazionale. La Svizzera si può basare sulle esperienze fatte in passato per quanto concerne gli Stati con cui essa ha già scambiato dati sulla base di una convenzione di doppia imposizione in materia fiscale (CDI) o di un accordo sullo scambio d’informazioni in materia fiscale (« tax information exchange agreement [TIEA] »). Il nostro Paese può inoltre riallacciarsi alle valutazioni tra pari effettuate nel quadro della « peer review » del Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali (di seguito: Forum globale) dell’OCSE, nell’ambito del quale sono state esaminate le basi legali e la prassi, segnatamente in materia di confidenzialità in ambito fiscale (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4642 seg.)
Di fatto, il Forum globale si adopera affinché gli standard internazionali sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni su domanda e sullo scambio automatico di informazioni siano rispettati ed applicati in modo uniforme a livello internazionale. A tal fine, il Forum globale verifica l’applicazione degli standard per mezzo di valutazioni tra pari (« peer review ») sulla capacità delle giurisdizioni dei suoi membri - tra cui la Svizzera e la Nigeria - di cooperare con altre amministrazioni fiscali in conformità ai predetti standard. Dopo un primo ciclo di valutazione intervenuto tra il 2010 e il 2016, nel 2016 ha avuto inizio per tutti i suoi membri un secondo ciclo di valutazione, nell’ambito del quale il Forum globale ha valutato nuovi elementi, quali la qualità delle domande delle autorità fiscali, le domande raggruppate o l’identificazione dei beneficiari effettivi. Oggetto d’esame sono state altresì le misure adottate dai membri per attuare le raccomandazioni formulate nel primo ciclo di valutazione (cfr. Messaggio del 21 novembre 2018 concernente l’attuazione delle raccomandazioni del Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali formulate nel rapporto sulla fase 2 della valutazione tra pari relativa alla Svizzera, FF 2019 275, 279-281).
In tale contesto, per quanto qui di rilievo, il Tribunale rileva che secondo il rapporto del Forum globale denominato « Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes Peer Reviews: Nigeria 2016, Phase 2: Implementation of the Standard in Practice » (di seguito: rapporto; in: < https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/9789264250857- en.pdf?expires=1585577155&id=id&accname=oid030182&checksum=DC B16589BE54AC5C9A20955E50033B04 >, consultato il 26.05.2020), la
Nigeria si trova nel secondo ciclo di valutazione. In detto rapporto, il Forum globale non fa che esporre in maniera oggettiva il quadro giuridico nigeriano in vigore in materia di scambio di informazioni, indicando chiaramente che in tale ambito la Nigeria ottempera agli standard internazionali in
materia di confidenzialità (cfr. rapporto, capitolo « C. Exchanging information », sezione « Overview », punti n. 331-340, in particolare punti
n. 335-336 citati letteralmente qui sotto; cfr. altresì per i dettagli, rapporto, capitolo « C. 3.Confidentiality », punti n. 389-419):
« [ ] All of Nigeria’s EOI instruments, except for the DTCs with the Netherlands and the United Kingdom, incorporate provisions that allow Nigeria to exchange information according to the international standard. Nonetheless, Nigeria can exchange information to the standard with these countries since the Multilateral Convention is in force between Nigeria and these jurisdictions. [ ] All of Nigeria’s EOI arrangements contain confidentiality provisions which meet the international standard, and Nigeria’s domestic legislation also contains relevant confidentiality provisions. In addition, Nigeria’s EOI arrangements ensure that the parties are not obliged to provide information that would disclose any trade, business, industrial, commercial or professional secret or information the disclosure of which would be contrary to public policy [ ] ».
In effetti, le basi legali e la prassi della Nigeria in materia di confidenzialità sono state valutate dal Forum globale come conformi (« compliant ») sotto vari aspetti, segnatamente per quanto concerne la protezione delle informazioni ricevute dalla Nigeria, delle persone interessate da dette informazioni, del segreto professionale, del segreto di fabbricazione, ecc. (cfr. per i dettagli, rapporto, punti n. 331-451; per la sintesi, rapporto, tabella denominata « Summary of determinations and factors underlying recommendations », pagg. 139-142).
Trattandosi di un documento ufficiale, il Tribunale non intravvede alcuna ragione per dubitare della veridicità delle informazioni ivi riportate, sicché si deve ritenere che, perlomeno sotto l’aspetto dello scambio d’informazioni in materia fiscale (ivi compreso lo scambio spontaneo), di principio la Nigeria ottempera agli standard internazionali in materia di confidenzialità.
Con tale premessa, il Tribunale osserva poi come la convenzione MAC risulti chiaramente applicabile anche alla Nigeria. Dall’allegato accluso alla MAC denominato « Campo d’applicazione il 25 febbraio 2019 », risulta infatti che per la Nigeria detta convenzione, da lei ratificata in data 29 maggio 2015 con qualche riserva, è in vigore a far tempo dal 1° settembre 2015 (allegato pubblicato anch’esso sotto RS 0.652.1; cfr. parimenti rapporto, capitolo « C.1. Exchange of information mechanisms », punto
n. 344). Ora, da un esame delle riserve e dichiarazioni espresse dalla Nigeria in data 29 maggio 2015 in merito al campo d’applicazione della MAC, nonché alle imposte coperte dallo scambio spontaneo d’informazioni, non emerge alcun elemento concreto tale da escludere uno scambio spontaneo d’informazioni nel caso della società ricorrente (cfr. Consiglio d’Europa, Riserve e dichiarazioni per trattato n°127 - Convenzione sulla reciproca assistenza in materia fiscale, dichiarazioni in vigore ad oggi [testo disponibile in francese e inglese], riserva della Nigeria del 29 maggio 2015, in:
< https://www.coe.int/fr/web/conventions/full-list/-
/conventions/treaty/127/declarations?p_auth=kxmXhHtC >, consultato il 26.05.2020). Analogo discorso vale altresì per le riserve e le dichiarazioni espresse dalla Svizzera con decreto federale del 18 dicembre 2015, accluse alla MAC (pubblicate anch’esse sotto RS 0.652.1). Di principio nulla fa pertanto ostacolo ad uno scambio spontaneo di informazioni tra la Svizzera e la Nigeria.
In tale contesto, dal momento che la MAC è in vigore sia per la Svizzera che per la Nigeria, in virtù dell’art. 190 Cost. - che impone l’applicazione del diritto federale e del diritto internazionale, indipendentemente dalla loro costituzionalità (cfr. DTF 131 II 562 consid. 3.2 [tra le tante] sentenza del TAF A-4307/2016 del 14 luglio 2016 consid. 2 con rinvii) - l’AFC è in ogni caso tenuta ex lege ad applicare l’art. 7 MAC, qualora si sia in presenza di un accordo fiscale preliminare che adempie alle condizioni ivi indicate, ciò a prescindere dalla situazione vigente in un determinato Stato destinatario. Il caso della società ricorrente non fa eccezione a tale principio. Già per questo motivo, la censura della ricorrente andrebbe pertanto qui respinta.
A quanto precede si aggiunge altresì il principio della specialità di cui all’art. 22 par. 2 MAC (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4642 seg.), secondo cui in ogni caso queste informazioni sono comunicate soltanto alle persone o autorità (compresi i tribunali e le autorità amministrative e di sorveglianza) che si occupano dell’accertamento, della riscossione o del recupero delle imposte di questa Parte, dell’esecuzione o del perseguimento penale inerenti a tali imposte oppure delle decisioni su ricorsi inerenti a tali imposte o della sorveglianza di quanto sopra. Soltanto dette persone o autorità possono utilizzare queste informazioni e unicamente ai fini indicati qui sopra. Nonostante le disposizioni dell’art. 22 par. 1 MAC, esse possono rivelarle nell’ambito di una procedura giudiziaria pubblica o in una decisione giudiziaria concernente tali imposte (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4642 seg.).
L’art. 22 par. 4 MAC prevede eccezioni al principio secondo cui le informazioni trasmesse devono essere impiegate soltanto per scopi previsti dalla MAC. Secondo detta norma, nonostante le disposizioni dei par. 1, 2 e 3, le informazioni ottenute da una Parte possono essere utilizzate per
altri fini, se tali informazioni possono essere impiegate per tali altri fini secondo la legislazione della Parte che fornisce le informazioni e che l’autorità competente di questa Parte ne approva tale impiego. Le informazioni fornite da una Parte a un’altra Parte possono essere trasmesse da quest’ultima a una terza Parte, fatta salva la previa autorizzazione dell’autorità competente della prima Parte. Questa disposizione corrisponde di principio a quella dell’art. 26 par. 2 del Modello dell’OCSE (cfr. Messaggio MAC, FF 2015 4613, 4643).
Tale principio in diritto svizzero è ripreso dall’art. 20 cpv. 2 e 3 LAAF. Giusta l’art. 20 cpv. 2 LAAF, l’AFC segnala all’autorità richiedente le restrizioni inerenti all’impiego delle informazioni trasmesse e l’obbligo di mantenere il segreto secondo le disposizioni in materia di assistenza amministrativa della convenzione applicabile. L’art. 20 cpv. 3 LAAF precisa invece che, se la convenzione applicabile prevede che le informazioni ottenute nel quadro della procedura di assistenza amministrativa possono essere impiegate anche a fini diversi da quelli fiscali o possono essere inoltrate a uno Stato terzo, l’AFC dà il suo consenso, previa pertinente verifica, a condizione che l’autorità competente dello Stato richiesto acconsenta a tale impiego o inoltro. Se le informazioni ottenute devono essere trasmesse ad autorità penali, l’AFC dà il suo consenso d’intesa con l’Ufficio federale di giustizia.
Ora, nello specifico, da un esame della decisione impugnata risulta chiaramente che l’autorità inferiore ha precisato allo Stato destinatario che le informazioni trasmesse sottostanno all’obbligo di confidenzialità di cui all’art. 22 MAC, nel rispetto del principio della specialità (cfr. decisione impugnata, consid. 3):
« [ ] Le formulaire relatif à la décision anticipée en matière fiscale sera transmis à l’autorité/aux autorités compétente(s) de NG dès l’entrée en force de la présente décision. Lors de la transmission, l’AFC rappelle à l’Etat/aux Etats destinataire(s) les restrictions à l’utilisation des renseignements et les obligations de confidentialité découlant de l’accord applicable (article 22 de la Convention et article 20 alinéa 2 LAAF en lien avec l’article 22d LAAF) [ ] ».
Ne discende che, senza il consenso dell’autorità inferiore, lo Stato destinatario non è autorizzato ad utilizzare le informazioni ricevute per altri scopi che quelli coperti dalla MAC. Tale circostanza non fa pertanto che rafforzare la garanzia della confidenzialità delle informazioni trasmesse, nel rispetto del principio della specialità. In tali circostanze, il Tribunale fatica a intravvedere un rischio concreto per la società ricorrente sotto il profilo della tutela della protezione dei suoi dati e della sua sfera privata.
Ciò constatato, il Tribunale osserva come dal rapporto annuale 2017/2018 di Amnesty International relativo alla Repubblica Federale della Nigeria (cfr. atto n. 3 prodotto dalla ricorrente) a cui si appella la ricorrente non sia invero desumibile alcuna prova che nel suo caso vi sia un rischio concreto che la stessa possa essere oggetto di tortura o trattamenti disumani da parte della Nigeria, per il semplice fatto che la stessa beneficia di un ruling fiscale in Svizzera. I passaggi da lei citati ed estrapolati in maniera non contestualizzata, non sono qui di alcun aiuto. Se letto per intero, il rapporto fa sì riferimento a dei casi di tortura o di maltrattamenti nei confronti di persone fisiche, ma non in nesso con uno scambio (spontaneo) d’informazioni in materia fiscale, rispettivamente in nesso con la tassazione di una persona fisica o una persona giuridica. Ora, nel caso della ricorrente ci si trova di fronte ad una persona giuridica, e meglio ad una succursale straniera ubicata in Svizzera, sicché si fatica a intravvedere un rischio qualsiasi per quest’ultima. Peraltro, se del caso, sarebbero ipoteticamente i suoi organi ad eventualmente rischiare qualche cosa o piuttosto gli organi della società madre ubicata in Nigeria. Sennonché, la ricorrente non ha comprovato minimamente un tale rischio, rispettivamente reso verosimile una tale evenienza apportando degli elementi permettenti di ritenere un qualsiasi rischio per la sua persona.
Neppure l’appello alla lista stilata dall’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza, nella quale viene indicato che in linea generale per le persone fisiche la protezione dei dati in Nigeria è insufficiente, è di soccorso alla ricorrente (cfr. atto n. 4 prodotto dalla ricorrente). Non va infatti dimenticato che detta lista fa riferimento a tutti gli ambiti della vita, sicché può essere presa in considerazione solo quale indicatore (cfr. consid. 7.3.1 del presente giudizio). A lui sola, non permette tuttavia di ritenere che nell’ambito specifico dello scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale la protezione dei dati e la confidenzialità non siano rispettate. Ora, come visto (cfr. consid. 7.3.2 del presente giudizio), il Tribunale ha avuto modo di appurare che secondo le valutazioni del Forum Globale, la Nigeria - perlomeno in materia di scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale - ottempera agli standard dell’OCSE in materia di confidenzialità ai sensi dell’art. 22 MAC. Detto in altri termini, quale Stato parte della MAC, la Nigeria è tenuta ad attenersi scrupolosamente a quanto disposto dall’art. 22 MAC, alla stregua della Svizzera, rispettando le prescrizioni in materia di protezione dei dati e di confidenzialità nonché il principio di specialità. Dal momento che la buona fede di uno Stato è presunta nelle relazioni internazionali (principio dell’affidamento; cfr. [tra le tante] sentenza del TAF A-6035/2018 del 26 febbraio 2020 consid. 3.7.1
con rinvii), si deve poi partire dal presupposto che anche nel caso della ricorrente la Nigeria rispetterà l’art. 22 MAC.
In definitiva, il Tribunale giunge alla conclusione che è a giusta ragione che l’autorità inferiore intende procedere ad uno scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale nel caso della società ricorrente. La decisione impugnata va pertanto qui confermata e il ricorso integralmente respinto.
In considerazione dell’esito della lite, giusta l’art. 63 cpv. 1 PA, le spese di procedura sono poste a carico della società ricorrente qui parte integralmente soccombente (cfr. art. 1 segg. del regolamento del 21 febbraio 2008 sulle tasse e sulle spese ripetibili nelle cause dinanzi al Tribunale amministrativo federale [TS-TAF, RS 173.320.2]). Nella fattispecie esse sono stabilite in 5'000 franchi (cfr. art. 4 TS-TAF), importo che verrà detratto interamente dall’anticipo spese di 5'000 franchi da lei versato a suo tempo. Non vi sono poi i presupposti per l’assegnazione alla società ricorrente di indennità a titolo di spese ripetibili (cfr. 64 cpv. 1 PA a contrario, rispettivamente art. 7 cpv. 1 TS-TAF a contrario).
Contro la presente decisione, relativa ad un’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale, può essere interposto ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale (cfr. art. 83 lett. h LTF). Il termine ricorsuale è di 10 giorni dalla sua notificazione. Il ricorso inoltre è ammissibile soltanto se concerne una questione di diritto di importanza fondamentale o se si tratta per altri motivi di un caso particolarmente importante ai sensi dell’art. 84 cpv. 2 LTF (cfr. art. 84a LTF). Il Tribunale federale è il solo competente a determinare il rispetto di tali condizioni.
Il ricorso è respinto.
Le spese processuali di 5'000 franchi sono poste a carico della ricorrente. Alla crescita in giudicato del presente giudizio, il succitato importo verrà interamente detratto dall’anticipo spese di 5'000 franchi versato a suo tempo dalla ricorrente.
Non vengono assegnate indennità di ripetibili.
Comunicazione a:
ricorrente (atto giudiziario)
autorità inferiore (n. di rif. ***; atto giudiziario)
I rimedi giuridici sono menzionati alla pagina seguente.
Il presidente del collegio: La cancelliera:
Raphaël Gani Sara Pifferi
Contro le decisioni nel campo dell’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale può essere interposto ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale, 1000 Losanna 14, entro un termine di 10 giorni dalla sua notificazione, soltanto se concerne una questione di diritto di importanza fondamentale o se si tratta per altri motivi di un caso particolarmente importante ai sensi dell’art. 84 cpv. 2 LTF (art. 82, art. 83 lett. h, art. 84a, art. 90 e segg. e 100 cpv. 2 lett. b LTF). Il termine è reputato osservato se gli atti scritti sono consegnati al Tribunale federale oppure, all’indirizzo di questo, alla posta svizzera o a una rappresentanza diplomatica o consolare svizzera al più tardi l’ultimo giorno del termine (art. 48 cpv. 1 LTF). Negli atti scritti occorre spiegare perché la causa adempie siffatta condizione. Inoltre, gli atti scritti devono essere redatti in una lingua ufficiale, contenere le conclusioni, i motivi e l’indicazione dei mezzi di prova ed essere firmati. La decisione impugnata e - se in possesso della parte ricorrente - i documenti indicati come mezzi di prova devono essere allegati (art. 42 LTF).
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